La strada dai trial clinici al via libera regolatorio appare ormai in discesa per exa-cel, trattamento per l’anemia falciforme sviluppato dall’azienda fondata da Emmanuelle Charpentier e Vertex Therapeutics
La conoscevamo con la sigla CTX001 ma ha cambiato nome in exa-cel (che sta per exagamglogene autotemcel). È stata una delle prime terapie a base di CRISPR a entrare nella sperimentazione clinica, nel 2019. Ha cambiato la vita alla paziente simbolo della nuova stagione dell’editing genomico, l’afroamericana Victoria Gray, e poi a dozzine di pazienti affetti da anemia falciforme e beta-talassemia, arruolati negli studi clinici in diversi Paesi del mondo, tra cui anche l’Italia. Ora fa da apripista anche nella fase avanzata del processo regolatorio, sia in Europa che negli Stati Uniti, e potrebbe arrivare sul mercato per prima, nel 2023. Com’è stato costruito questo successo, dal lancio della start-up ai dossier inviati a EMA e FDA?
Se si trattasse di una storia da raccontare al cinema, il prequel potrebbe partire poco prima della pubblicazione del lavoro che ha regalato il Premio Nobel per la chimica alle due co-inventrici di CRISPR, la microbiologa francese Emmanuelle Charpentier e la biochimica americana Jennifer Doudna. Incrociando le ricostruzioni degli eventi proposte in autorevoli libri (“Riscrivere l’umanità” di Kevin Davies e “Decifrare la vita” di Walter Isaacson) si apprende che nel 2012 la scienziata francese stava già accarezzando l’idea di fondare una start-up sulla nascente tecnologia. Il primo a saperlo fu Rodger Novak, con cui Charpentier aveva condiviso un tratto di vita – dentro e fuori dal laboratorio – quando erano entrambi postdoc negli Stati Uniti. Lo scienziato-manager a sua volta aveva interpellato un amico attivo nel venture capital, Shaun Foy, che lo aveva convinto a lasciare il suo lavoro a Parigi per buttarsi nella nuova avventura. Da questo trio è nata la prima company incentrata su CRISPR come piattaforma tecnologica per la terapia genica, con base in Svizzera e, successivamente, anche negli Stati Uniti. Va detto che nel 2013 i tre provarono a coinvolgere nell’impresa anche i pionieri di CRISPR attivi al di là dell’Atlantico: Jennifer Doudna, George Church e Feng Zhang. Ma gli europei e gli americani finirono per prendere strade diverse e lanciare diverse start-up. Per la cronaca, oggi Charpentier è assorbita dalla ricerca di base all’istituto Max Planck di Berlino ma figura ancora come scientific advisor della company. Novak invece ricopre la funzione di presidente di quella che per un breve periodo si è chiamata Inception Genomics e ora è nota come CRISPR Therapeutics. La società ha programmi dedicati all’immuno-oncologia e alla medicina rigenerativa, ma finora si è fatta notare soprattutto nel campo delle emoglobinopatie (anemia falciforme e beta-talassemia) proprio grazie a exa-cel, il trattamento sviluppato in collaborazione con Vertex Pharmaceuticals.
Questo è l’antefatto, dunque. Il film vero e proprio, invece, potrebbe aprirsi con una scena del luglio 2019. Un medico di un ospedale di Nashville, il dottor Haydar Frangoul, affonda un ago nel braccio di una trentaquattrenne del Mississippi. Victoria Gray (la cui storia è stata raccontata anche nella puntata dedicata a CRISPR del podcast “Reshape – un viaggio nella medicina del futuro”) è madre di tre figli, ma la qualità della sua vita è gravemente compromessa da un difetto genetico che le impedisce di produrre emoglobina funzionante. La siringa contiene un prezioso carico di cellule staminali, che le sono state prelevate in precedenza e ora le vengono reinfuse, dopo essere state geneticamente editate per rimediare alla mutazione responsabile dell’anemia falciforme. Anziché correggere il refuso nel gene deputato alla produzione dell’emoglobina adulta, i ricercatori hanno riattivato il gene dell’emoglobina fetale che nelle persone adulte di solito è spento. Il risultato atteso comunque è lo stesso: i globuli rossi potranno tornare a trasportare bene l’ossigeno senza ostruire i vasi sanguigni. La semplicità dell’intervento genetico richiesto e la gravità della malattia rendono l’anemia falciforme un bersaglio ideale per il nuovo approccio terapeutico. Dopo quell’iniezione, in effetti, Victoria Gray non ha più avuto crisi dolorose e non ha più avuto bisogno di trasfusioni, almeno fino a questo momento.
Gli effetti delle terapie innovative vanno monitorati sul lungo periodo, ovviamente, ma a più di tre anni di distanza si può dire che i benefici appaiono duraturi. Nel frattempo la sperimentazione è cresciuta; nel nostro Paese, in particolare, si è attivato il gruppo di Franco Locatelli, all’Ospedale Bambino Gesù di Roma. I primi italiani trattati sono stati un fratello e una sorella talassemici, perché lo stesso tipo di intervento ripristina la produzione di emoglobina funzionante anche nei pazienti affetti da questa malattia del sangue. L’insieme dei risultati aggiornati, presentati al meeting annuale della European Hematology Association lo scorso giugno, è apparso estremamente promettente.
Il finale della storia è più noioso, perché riguarda la parte burocratica dell’avventura, ma non è affatto scontato, perché non tutte le sperimentazioni di successo arrivano a tradursi in prodotti commerciali, soprattutto nel campo delle malattie rare. Le emoglobinopatie sono rare ma non troppo, perciò attirano investimenti. Ma proprio per questo rappresentano un filone di ricerca affollato e competitivo, che vede confrontarsi approcci diversi: con le forbici CRISPR standard usate per exa-cel competono sia la terapia genica classica (che potremmo definire pre-CRISPR) sia i modelli più avanzati di CRISPR (i correttori di basi, di cui abbiamo parlato qui e qui). L’ultima novità, comunque, è che l’iter per la commercializzazione di exa-cel si è messo in moto rapidamente, come annunciato nel comunicato stampa di pochi giorni fa. Sul versante statunitense, l’autorità competente (la Food and Drug Administration, FDA) ha giudicato i dati clinici abbastanza buoni da avviare la procedura di revisione per sezioni (rolling review) anziché aspettare di ricevere il dossier completo. La procedura inizierà dunque a novembre di quest’anno e l’insieme dei dati sarà a disposizione entro marzo del 2023. Sul versante europeo, la timeline prevede che l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) riceva tutte le informazioni necessarie entro la fine del 2022. Poi, se tutto andrà bene, exa-cel dovrà superare il test dell’immissione sul mercato e potremo scrivere il lieto fine.