Il cinese He Jiankui ha finito di scontare la sua pena ma non sappiamo se qualche laboratorio è pronto ad accoglierlo, né se la sua storia continuerà a scoraggiare gli emuli
Lo scoop è stato messo a segno ancora una volta da Antonio Regalado. Il giornalista della MIT Technology Review è stato il primo a dare la notizia della liberazione di He Jiankui, noto anche con la sigla JK. Contattato al telefono, lo scienziato si è limitato a rispondere “non è il caso di parlare adesso” e ha riagganciato. Ma i media difficilmente si accontenteranno di questo no-comment e la comunità scientifica segue gli sviluppi con apprensione. Nel novembre del 2018 era stato sempre Regalado a sganciare la breaking news, alla vigilia del secondo Summit Internazionale sull’Editing del Genoma Umano, con un pezzo intitolato “Scienziati cinesi stanno creando bambini CRISPR”.
Regalado ha azzardato una previsione sul futuro di JK affidandola a un tweet: “Mi aspetto che trovi posto nell’ambiente delle imprese biotech in Cina”. Ma nel suo ultimo articolo scrive che non è chiaro se abbia intenzione di tornare alla ricerca scientifica nel suo Paese o altrove. Difficile non pensare al caso di un altro scienziato celebre caduto in disgrazia negli anni 2000, che poi ha trovato una nicchia di basso profilo. Parliamo del coreano Woo-suk Hwang che ora si dedica a clonare animali (pare in collaborazione con partner cinesi) anziché embrioni umani.
Non tutti sono convinti che giustizia sia stata fatta, perché mentre JK è stato condannato da un tribunale cinese, i suoi collaboratori internazionali non sono mai stati sanzionati ufficialmente. Lo scienziato statunitense su cui si sono addensate più ombre, in particolare, è Michael Deem, che comunque ha lasciato il suo posto alla Rice University nel 2020. Il sino-americano John Zhang, invece, continua a dirigere una clinica di fecondazione assistita a New York, anche se ha dovuto rinunciare al progetto di commercializzare l’editing degli embrioni in Cina insieme a JK.
Il futuro delle piccole che He Jiankui e compagni hanno fatto venire al mondo è ancora incerto e persino il loro presente è ignoto: Lulu, Nana ed Amy (sono tutti pseudonimi) hanno intorno ai tre-quattro anni di età, ma nessuno sa se l’incauta manipolazione genetica che hanno subito quando erano ancora dei minuscoli embrioni le abbia danneggiate in qualche modo. Secondo Nature, due bioeticisti cinesi hanno sollecitato Pechino ad avviare un progetto di ricerca per monitorare la salute delle piccole. Rischi non valutabili, dunque, a fronte di un beneficio probabilmente inesistente: lo scopo dell’editing era rendere le nasciture geneticamente immuni a un’ipotetica futuribile infezione da HIV, ma le forbici genetiche sono state usate maldestramente, senza riuscire a riprodurre esattamente la delezione desiderata nel gene CCR5 e senza riuscire a correggere tutte le cellule degli embrioni in via di sviluppo. Quanto all’idea generale di modificare geneticamente il genoma umano a scopo riproduttivo, nemmeno questa se la passa tanto bene: al momento l’unico che sembrerebbe ancora intenzionato a provarci è il russo Denis Rebrikov, che vorrebbe correggere una forma di sordità ereditaria, ma secondo Nature non avrebbe ancora trovato una coppia disposta a farlo esercitare sui propri embrioni.
Le sperimentazioni sull’editing embrionale proseguono in sordina in alcuni Paesi, come Gran Bretagna e Stati Uniti, ma a scopo di ricerca anziché con finalità riproduttive, fermandosi dunque ai primi stadi dello sviluppo embrionale, senza varcare la linea rossa dell’avvio di una gravidanza. L’ultimo esempio noto riguarda un lavoro presentato il 10 marzo su bioRxiv ed eseguito dal gruppo di Dieter Egli, della Columbia University, su embrioni creati in cicli standard di fecondazione assistita e rimasti inutilizzati. CRISPR ha dimostrato di poter eliminare un cromosoma extra, tagliandolo in corrispondenza della porzione centrale, aprendo la strada alla speranza che un giorno l’editing posa diventare un’opzione per gli embrioni affetti da trisomie come la sindrome di Down. Purtroppo, come fa notare Science, un censimento ufficiale di questo tipo di esperimenti non esiste, perché la proposta di tenere un registro internazionale ad hoc non si è ancora concretizzata.
Molti ritengono che alla fine l’editing ereditabile potrebbe rivelarsi utile solo per un numero molto ristretto di malattie, ma il fatto che possano essere in pochi a beneficiarne non significa che l’approccio debba essere vietato sempre e comunque. In ogni caso, per poter procedere saranno indispensabili ulteriori avanzamenti tecnici che evitino i tagli genetici indesiderati, un rischio che appare ancora troppo elevato quando l’editing viene eseguito sugli embrioni. Un’alternativa allo studio potrebbe consistere nel modificare geneticamente le cellule sessuali prima della fecondazione, anziché l’embrione che si forma dopo il loro incontro. Uno dei vantaggi sarebbe quello di poterne analizzare un numero maggiore, scartando gli spermatozoi o gli ovuli in cui la correzione non è avvenuta nel modo desiderato.