UOC Genetica Medica di Siena

Grazie ai 20mila euro raccolti dall'associazione, lo staff della prof.ssa Alessandra Renieri potrà verificare l'efficacia di un approccio con la tecnologia Crispr-Cas9

Siena – Meno di un anno per fondare un'associazione, raccogliere 20mila euro e finanziare l'avvio di una ricerca per una malattia rarissima, la sindrome IQSEC2: se non è un record, sicuramente è un caso interessante da studiare. Ci sono riuscite tre mamme, per amore delle loro figlie Annalisa, Matilde e Alessandra, fra i 7 e i 9 anni: dopo tanti dubbi e sofferenze, nel novembre 2018 hanno deciso di fondare l'associazione AMA.le IQSEC2, per combattere questa malattia che conta poco più di cento casi diagnosticati nel mondo, e meno di dieci in Italia.

“Oltre a supportare la ricerca, ci occupiamo anche di progetti di inclusione nelle scuole, dove abbiamo già organizzato diverse giornate di sensibilizzazione verso la disabilità”, spiegano Sara, Danila e Mara, le mamme delle bambine. “Oggi siamo speranzose, perché anche se nell'immediato non si troverà una cura, abbiamo messo un punto nella storia di questa patologia. Questo è solo un inizio, e anche se il progetto dura due anni e la ricerca dovrà essere ancora sovvenzionata, il fatto di aver trovato un’Università disposta ad occuparsi della ricerca ci riempie di gioia. Lo scopo del progetto è correggere il gene mutato su dei modelli cellulari, per sviluppare eventualmente in seguito una terapia per i pazienti”.

Nel luglio di quest'anno, infatti, le tre bambine si sono sottoposte a una biopsia cutanea, punto di partenza per il trial in corso presso il Dipartimento di Biotecnologie Mediche dell’Università di Siena, dove la prof.ssa Alessandra Renieri dirige l'Unità Operativa di Genetica Medica. Sarà lei, Professore Ordinario di Genetica Medica all'Università di Siena, a farci capire meglio in cosa consiste questa sperimentazione.

Tutto nasce il 20 dicembre 2018 al Policlinico “Le Scotte” di Siena, da un incontro fra lei e le tre mamme dell'associazione...

“Le famiglie dei malati rari hanno bisogno di un confronto, per condividere i propri problemi e non sentirsi sole. Noi per prima cosa abbiamo ascoltato le esigenze dell'associazione AMA.le IQSEC2, poi l'abbiamo messa in contatto con Telethon, affinché entrasse a far parte delle sue 'associazioni amiche'. Qualche mese dopo le tre mamme delle bambine affette sono riuscite a raccogliere i fondi necessari, e così abbiamo potuto iniziare il nostro studio pilota. La ricerca rappresenta un percorso lungo e complesso, dall'esito incerto, e infatti alcune associazioni decidono di non percorrere questa strada e di dedicarsi invece alla raccolta fondi per la gestione sintomatica, quotidiana, dei pazienti. AMA.le IQSEC2 ha deciso di puntare prevalentemente sulla ricerca, e speriamo che questa scelta venga premiata”.

Professoressa Renieri, quali sono i principali sintomi della sindrome IQSEC2?

“Uno dei sintomi principali è una grave disabilità intellettiva con ritardo motorio: per questo, in genere, la diagnosi avviene verso i 2-3 anni, quando ci si rende conto che il bambino ha un rallentamento nello sviluppo delle abilità e delle tappe cognitive. Sono frequenti le anomalie all'elettroencefalogramma, e nella maggior parte dei casi si hanno anche degli attacchi epilettici, spesso farmaco-resistenti. Un'altra caratteristica sono i movimenti stereotipati: gesti ripetitivi e afinalistici, come battere le mani o agitarle come a mimare le ali di una farfalla”.

Qual è la causa della malattia?

“La causa è una mutazione puntiforme in uno dei nostri circa 30mila geni, che si trova sul cromosoma X. Le femmine hanno due cromosomi X, i maschi solo uno: questi ultimi, in genere, sono più gravi. Si tratta di una malattia dominante, che si presenta sia nei maschi che nelle femmine, ma la forma ereditaria è decisamente rara. Nella maggior parte dei casi, infatti, la sindrome è dovuta ad una mutazione de novo: il neonato affetto nasce quindi da genitori sani. Oltre alle tre bambine dell'associazione AMA.le IQSEC2, in Italia ci sono sicuramente altri casi: possiamo parlare di una 'falsa rarità', perché la malattia è stata identificata di recente e non viene ancora riconosciuta dai medici”.

Quali sono gli obiettivi del vostro progetto?

“Il nostro è un piccolo progetto esplorativo, grazie al quale capiremo se la terapia genica sarà una strada percorribile, o se dovremo optare per lo sviluppo di farmaci alternativi. Da due anni ci occupiamo editing genomico per la sindrome di Rett, e la sindrome IQSEC2 ha delle caratteristiche simili a questa patologia, fa parte del suo spettro. Esistono due tipi di terapia genica: uno è il ‘gene replacement’, dove si aggiunge un gene funzionale (il metodo recentemente approvato per la SMA, l'atrofia muscolare spinale), l'altro è il ‘gene editing’, che consiste nel correggere il gene nativo. Noi testeremo quest'ultimo metodo, e nello specifico la tecnologia Crispr-Cas9 associata a vettori virali adeno-associati (AAV), perché pensiamo che inserire un gene artificiale possa funzionare solo in alcuni tipi di malattia. Il gene replacement è di più facile produzione, mentre il gene editing, ripristinando la sequenza del gene nativo, è più efficace, ma il farmaco deve essere personalizzato in base alla mutazione”.

Come si svolgerà la sperimentazione, nella pratica?

“Dalla biopsia cutanea effetuata alle tre bambine (ma in futuro anche altri pazienti potranno entrare nello studio) abbiamo messo in coltura i fibroblasti. Faremo poi degli esperimenti in laboratorio sulle cellule che saranno riportate allo stato di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Sono cellule che non hanno compiti precisi e si possono differenziare in tutti i tipi di cellule: trattandosi di una malattia neurologica, noi le differenzieremo in neuroni”.

Altri ricercatori, in Israele e Australia, stanno studiando questa malattia: a che punto è la ricerca a livello internazionale e come si colloca il progetto senese all'interno di questo scenario?

“La ricerca internazionale è complementare alla nostra: recentemente, a Sorrento, c'è stato un convegno al quale era presente uno dei ricercatori australiani, e un ricercatore del nostro staff, Ilaria Meloni, si è confrontato con lui. La loro strategia è quella 'tradizionale', ovvero agire sul meccanismo a valle, utilizzando farmaci modulatori; il nostro è un progetto pilota che ha scelto una strada diversa. Questo è il primo passo: se darà i risultati sperati, potremo procedere ad una sperimentazione sul modello animale, e sicuramente ci sarà bisogno di altri fondi. Potremo decidere di partecipare a dei bandi nazionali o internazionali, ma per fare questo dovremo presentare dei risultati preliminari positivi”.

Con il contributo incondizionato di

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