Editing genomico: obiezioni all'appello per una moratoria globale

Sono molte le opinioni contrarie, da Doudna a Baltimore ripercorriamo le principali obiezioni sul tema

La vicenda di He Jiankui, ricercatore della Southern University of Science and Technology di Shenzhen in Cina, responsabile della nascita delle due gemelline geneticamente modificate con CRISPR  per essere resistenti al virus dell’HIV, ha dato inizio a un dibattito di portata mondiale sulle modalità, i limiti e le motivazioni che potrebbero spingerci verso l’utilizzo dell’editing genomico su embrioni umani destinati all’impianto in utero. Se nel caso della ricerca di base, non destinata alla sperimentazione clinica, non ci saranno problemi nel proseguire gli studi, la creazione di embrioni modificati con la rivoluzionaria tecnica di editing a scopo procreativo è fortemente in discussione.

La Cina, messa in imbarazzo dalla mancanza di principi etici e di sicurezza nel lavoro di He, a fine febbraio ha rilasciato una bozza di un regolamento dedicato alle pratiche di editing genomico, che propone multe, la perdita dei finanziamenti e dei permessi per ricercatori e istituzioni che non rispetteranno i limiti. Inoltre, pochi giorni fa è stato pubblicato un appello su Nature per chiedere una moratoria che fermi, almeno temporaneamente, la sperimentazione clinica con CRISPR su gameti ed embrioni umani . Diciotto bioeticisti e ricercatori, inclusi alcuni tra i primi che hanno sviluppato questa tecnica come strumento di editing genomico, sono tra i firmatari di questo documento. Secondo la moratoria, ogni nazione che volesse far intraprendere ai suoi scienziati l’uso clinico dell’editing genomico su embrioni, dovrebbe prima darne informazione pubblica, concedere un periodo di discussione internazionale e favorire l’inclusione nel dibattito anche di gruppi non scientifici, come ad esempio le associazioni di pazienti affetti da malattie genetiche e i gruppi religiosi, con lo scopo di ottenere un ampio consenso sociale. Se questa moratoria potrà essere utile per definire un quadro normativo internazionale e per facilitare una considerazione più profonda delle questioni etiche e morali è ad oggi uno dei punti di maggior controversia.

Tra i firmatari dell’appello ci sono Feng Zhang del Broad Institute e Emmanuelle Charpentier del Max Plank Institute, due degli scienziati che, in modo autonomo, hanno sviluppato la tecnica CRISPR. Già a novembre 2018, subito dopo la notizia della nascita delle gemelline, Zhang aveva proposto una moratoria globale sull’utilizzo di questa tecnologia per la creazione di bambini geneticamente modificati. Sostenitore della moratoria anche Francis Collins, direttore del National Institute of Health (NIH), che vorrebbe mettere in pratica la moratoria il prima possibile. Wei Wensheng della Peking University, a favore della moratoria, fa addirittura un passo in più: si dichiara preoccupato per il corretto utilizzo dell’editing anche sulle cellule somatiche, messo in secondo piano dal dibattito sulle linee cellulari germinali.

Grande assente tra le firme è quella di Jennifer Doudna, scopritrice insieme a Charpentier delle grandi potenzialità del sistema di editing CRISPR. Doudna non condivide la necessità di una moratoria e riterrebbe più utile una regolamentazione stringente che precluda l’utilizzo dell’editing genomico fino a quando non saranno discusse approfonditamente le questioni tecniche, scientifiche, etiche e sociali. Contrario alla moratoria anche David Baltimore (Premio Nobel per la medicina nel 1975) che, pur ritenendo l’utilizzo della tecnica di editing ancora non sicuro o giustificabile, la trova una soluzione antitetica con i valori della scienza. Helen O’Neill, genetista molecolare all’University College of London, ha affermato che pur non essendoci una regolamentazione definita, una sorta di limite già c’è, dato che molti Paesi hanno leggi interne che proibiscono questo tipo di ricerche e esperimenti. In aggiunta, sostiene che la moratoria potrebbe limitare i fondi destinati alla ricerca nel settore dell’editing genomico umano. Un altro parere contrario arriva dalla Seoul National University, dove Jin-Soo Kim afferma che un’analisi attenta e trasparente del caso di He Jiankui, seguita da un giusto procedimento giuridico, potrebbe essere più utile per prevenire situazioni simili in futuro.

In mancanza di una normativa internazionale, ci sarà sempre qualche Paese più negligente di altri, che potrebbe essere sfruttato per fare ricerche anticonformiste: gli sforzi globali dovrebbero correre verso lo sviluppo e l’accettazione di regolamenti per la prevenzione e la penalizzazione di ricerche considerate attualmente inaccettabili. Le parti interessate devono agire in tempi brevi e la World Health Organization (WHO) è nella posizione giusta per assumersi il ruolo di guida, dando spazio a una discussione aperta, costruttiva e in grado ci coinvolgere tutti i gruppi di ricerca e le istituzioni coinvolte. Proprio per questo, a febbraio è stata presentata la lista dei membri della WHO Expert Advisory Committee on Developing Global Standards for Governance and Oversight of Human Genome editing” , commissione che esaminerà le sfide e le problematiche associate all’editing del genoma umano con lo scopo di trovare le migliori strategie di governance. Proprio in questi giorni, 18-19 marzo, si è concluso a Ginevra il primo incontro della commissione  per fare il punto della situazione e concordare il piano di lavoro per i prossimi 12-18 mesi.

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