Un recente studio mostra la possibilità di utilizzare l’editing genomico per prendere di mira una delle mutazioni associate all'insorgenza precoce della patologia di Alzheimer
Pochi giorni fa è ricorso il decimo anniversario della pubblicazione del famoso studio che ha avviato la “rivoluzione CRISPR” e che è valso a Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier il Premio Nobel 2020 per la chimica. Nel mondo dello sviluppo di nuove strategie terapeutiche 10 anni non sono molti, ma le terapie basate su CRISPR hanno fatto passi da gigante. Uno di questi passi ha portato alla recente pubblicazione, su Molecular Therapy Nucleic Acids, di uno studio che delinea interessanti prospettive terapeutiche per il trattamento dell’Alzheimer familiare. I ricercatori dell’Università di Uppsala (Svezia) hanno mostrato che il sistema Crispr-Cas9 sarebbe in grado di interrompere selettivamente un allele mutante riducendo così l’accumulo di depositi di beta-amiloide extracellulare che, insieme alla proteina tau, sono responsabili dei sintomi clinici della patologia.
L’ALZHEIMER FAMILIARE
Nonostante nella maggior parte dei casi la malattia di Alzheimer si manifesti dopo i 65 anni (forme sporadiche a insorgenza tardiva), nel 5-10% delle persone affette dalla patologia i sintomi possono insorgere precocemente. Si tratta di forme familiari autosomiche dominanti che vedono il coinvolgimento di tre geni: AAP sul cromosoma 21, PSEN1 sul cromosoma 14 e PSEN2 sul cromosoma 1. Di questi, PSEN1 è quello più frequentemente coinvolto e si pensa che sia responsabile del 20-70% delle forme familiari di Alzheimer a esordio precoce.
Non è del tutto chiarito il meccanismo tramite il quale le mutazioni del gene PSEN1 portino alla malattia. Il gene PSEN1 codifica per una proteina implicata nello sviluppo dell'encefalo e del midollo spinale: la presenilina 1. Questa proteina, insieme ad altri enzimi, è responsabile del ‘taglio’ (complesso enzimatico gamma-secretasi) di altre proteine e della conseguente generazione di piccoli frammenti delle stesse, noti come peptidi beta-amiloidi (A-beta). Secondo gli studiosi, le mutazioni a carico del gene PSEN1 comportano la produzione di una presenilina alterata e non correttamente funzionante, la quale a sua volta provoca il taglio di frammenti proteici più grandi del normale e caratterizzati da una maggiore tendenza all'aggregazione. Questo processo culmina nella formazione delle caratteristiche placche amiloidi, aggregati proteici che si depositano al di fuori dei neuroni, presenti nell'encefalo delle persone affette da Alzheimer.
LO STUDIO DELL'UNIVERSITÀ DI UPPSALA
La mutazione M146L, un tipo di alterazione del gene PSEN1, porta a una forma autosomica dominante precoce del morbo di Alzheimer. La presenilina 1 così modificata produce un relativo aumento nella generazione della beta-amiloide 42 (Abeta42), la tipologia più neurotossica della proteina beta-amiloide.
Il team di ricercatori dell’Università di Uppsala ha sviluppato un metodo basato su Crispr-Cas9 capace di mirare selettivamente alla mutazione patogena M146L nei fibroblasti umani, cellule tipiche del tessuto connettivo, in grado di produrre le componenti della matrice extracellulare. I risultati dimostrano che il trattamento con Crispr-Cas9 colpisce la mutazione M146L in oltre il 50% dei fibroblasti, prevenendo la formazione di Abeta42.
Sebbene non sia stato rilevato alcun tipo di attività off-target (i possibili tagli fuori bersaglio) e i risultati suggeriscano addirittura la possibilità di prevenire l'insorgenza della malattia, il team di ricercatori esulta con cautela. Questo approccio, infatti, è ancora in una fase preliminare di studio e necessita di una valutazione più approfondita degli effetti della modifica apportata da Crispr-Cas9. Il team ora prevede di confermare i suoi risultati nei cloni di organismi unicellulari geneticamente modificati e di arrivare, nel giro di alcuni anni, alla sperimentazione in vivo su modelli animali.
Una cosa è certa, è stato compiuto un altro passo verso il traguardo. L’obiettivo di sviluppare una terapia efficace per l’Alzheimer e altre malattie neurodegenerative appare un po’ più vicino.