Uno studio clinico, svolto in Cina, ha verificato la sicurezza di questo innovativo approccio di immunoterapia che potrebbe portare a un miglior controllo della malattia.
Modificare le cellule del sistema immunitario per renderle più forti contro i tumori, è una delle strategie più sfruttate negli ultimi decenni in oncologia. Ne sono un esempio le terapie CAR-T e l’immunoterapia basata sull’inibizione dei “checkpoint immunitari”, una sorta di “freno”, che quando attivato dal tumore paralizza le cellule T impedendogli di svolgere la loro funzione di difesa. Oggi l’immunoterapia sfrutta anticorpi per disinnescare questi freni. Un’altra soluzione è utilizzare sistemi di editing genomico, come CRISPR, per eliminare direttamente i checkpoint immunitari dalle cellule T. È quello che hanno testato i ricercatori della West China Hospital of Sichuan University, in Cina, in un trial clinico su un gruppo di pazienti con tumore polmonare metastatico non a piccole cellule.
Il checkpoint immunitario PD-1
PD-1 (o programmed cell death protein 1) è uno di quei recettore situati sulle cellule T del sistema immunitario, che agisce come regolatore negativo (un freno) sulla risposta immunitaria, soprattutto in caso di malattie autoimmuni. Alcuni tumori hanno una chiave di accesso su questa regolazione: PD-L1 che è in grado di attivare PD-1 e spegnere la cellula T che così non può più svolgere la sua funzione contro le cellule tumorali. Una sorta di “freno a mano” innescato dai tumori. Il gruppo di ricerca del West China Hospital of Sichuan University ha provato a eludere questo sistema di difesa del tumore, modificando in laboratorio le cellule T prelevate dal paziente, in modo da eliminare la proteina PD-1, grazie al sistema di editing genomico Crispr-Cas9. La tecnica è stata testata su un gruppo di 17 pazienti, in uno studio clinico di Fase 1. I risultati – che per il momento miravano a verificare più che altro la sicurezza e la fattibilità della strategia – sono stati pubblicati lo scorso 27 aprile su Nature Medicine.
Le premesse
Nel lavoro i ricercatori spiegano di aver scelto il carcinoma polmonare perché si tratta della neoplasia più diffusa e fatale al mondo. Inoltre mentre il tasso complessivo di sopravvivenza a cinque anni dei tumori in generale è aumentato del 16,7% negli Stati Uniti, negli ultimi cinque decenni i tassi di sopravvivenza a cinque anni del cancro al polmone sono aumentati solo del 5,9%.
Sebbene manchino dati specifici sul carcinoma polmonare, i dati preclinici hanno dimostrato che la modifica del genoma con la tecnica di editing genomico zinc finger nucleasi (ZFN), per eliminare PD-1 nei linfociti infiltranti il tumore, migliora la citotossicità (cioè la capacità di uccidere le cellule nemiche tumorali) delle cellule T contro il melanoma. Così come le cellule T modificate tramite Cripsr-Cas9 mostrano migliori risposte antitumorali contro il tumore gastrico. Motivo per cui i ricercatori cinesi hanno ipotizzato che l’approccio potesse avere un effetto terapeutico anche nei confronti del tumore polmonare.
Lo studio
Le cellule T modificate sono state prodotte ed espanse ex vivo (ovvero in laboratorio e quindi fuori dal paziente) e reinfuse in 12 pazienti su 17, per i quali erano state ottenute cellule T modificate in quantità sufficienti per il trattamento. Nel complesso il trattamento è stato ben tollerato, con solo effetti avversi da lievi a moderati e nessuna tossicità che potesse limitare la dose necessaria al trattamento. Sono stati raggiunti anche gli obiettivi secondari dello studio, che includevano l'efficienza e il monitoraggio delle cellule T modificate, che sono state rilevate nel sangue periferico di 11 pazienti su 12 e in campioni di biopsia tumorale di un paziente fino a 52 settimane dopo l'infusione. Dopo l'infusione, in due pazienti è stata osservata una stabilizzazione della malattia, che in uno di essi è durata fino a 76 settimane. “Il nostro studio supporta ulteriormente la sicurezza e l’applicabilità nell’uomo della terapia basata su cellule T modificate geneticamente con Crispr-Cas9, in linea con i dati di un'altra sperimentazione clinica recentemente pubblicata”, hanno commentato gli autori. “Tutti gli eventi avversi correlati al trattamento sono stati leggeri e la loro gravità è risultata essere indipendente dal dosaggio”.
I siti off-target
Un punto importante su cui i ricercatori hanno focalizzato l’attenzione è l’analisi degli effetti “off-target” (letteralmente fuori bersaglio: i tagli non previsti che avvengono in zone di DNA non desiderate) poiché potrebbero portare a mutazioni anomale. Le conseguenze dell’utilizzo di strategie di editing genomico sull’uomo sono ancora da approfondire: potrebbero causare tossicità a livello del genoma, dovuta appunto a tagli off-target, a traslocazioni di cromosomi o altri cambiamenti complessi, che possono portare a conseguenze imprevedibili. Motivo per cui sono stati arruolati pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule avanzato, per cui diverse terapie approvate non avevano fatto effetto. Per monitorare il rischio di tagli fuori bersaglio i ricercatori hanno eseguito il sequenziamento dell'intero genoma (WGS) e il sequenziamento di nuova generazione (NGS) sul DNA isolato dalle cellule T modificate prima dell'infusione. Inoltre, hanno monitorato le cellule T modificate in vivo. Lo studio ha dimostrato che la frequenza di mutazione mediana nei siti “off target” era dello 0,05%. “La sicurezza a lungo termine dell'uso clinico della tecnologia Crispr-Cas9 rimane importante”, hanno aggiunto i ricercatori. “Dopo un follow-up mediano di 47,1 settimane al 31 gennaio 2020, nessuno dei 12 pazienti presentava eventi avversi gravi correlati al trattamento. Abbiamo eseguito la modifica genetica ex vivo e dimostrato che la durata della vita media delle cellule T geneticamente modificate è breve, suggerendo che il rischio di alterazione del DNA permanente è limitato”.
Limiti da superare
In definitiva, i dati dimostrano che l’utilizzo in clinica delle cellule T geneticamente modificate con Crispr-Cas9 sembra essere sicuro e fattibile nei pazienti con carcinoma polmonare avanzato. Ma servono ulteriori studi per testare approcci di editing genomico in grado di migliorare l'efficacia terapeutica. Come riportato da Bence György, dell’Institute of Molecular and Clinical Ophthalmology di Basilea, in Svizzera, su Science, “lo studio è stato eseguito con cautela per evitare gravi problemi con effetti off-target e i ricercatori hanno utilizzato cellule T con tassi di modifica relativamente bassi. Ma, per migliorare l'efficienza biologica del sistema sarà fondamentale aumentare le velocità di modifica del genoma, senza aumentare gli effetti fuori bersaglio”. Il tutto sempre associato a una verifica dell’intero genoma, per evitare effetti imprevisti. Secondo György, un altro problema da affrontare prima di una più ampia applicazione in clinica riguarda l'espansione delle cellule T, che è fallita in cinque pazienti coinvolti nello studio. Al momento però sono in corso numerosi altri studi (tra i tanti questo e questo) che dovrebbero aiutare a valutare il potenziale beneficio delle cellule immunitarie modificate ex vivo. Metodo che potrebbe portare a un migliore controllo del carcinoma polmonare metastatico e altre neoplasie.