Il piccolo Simone, affetto da deficit di AADC, è il primo bambino italiano in lista per una terapia genica approvata in Europa ma ancora non disponibile in Italia
Quanto si può resistere, fermi ad aspettare, sapendo che il proprio figlio è affetto da una rarissima e grave malattia del cervello e che un innovativo trattamento è “fermo ai box”, rallentato da una macchina burocratica che non è in grado di tenere il passo del progresso scientifico? Per molto tempo i genitori di Simone sono rimasti in silenzio, fino a pochi giorni fa quando, in un post sul suo profilo Facebook, Sebastiano ha dato sfogo a mesi di preoccupazione per la salute di Simone, il figlio di poco più di 3 anni affetto da deficit di AADC. Per questa patologia oggi esiste una terapia genica approvata dalla Commissione Europea ma a cui l’Agenzia Italiana del Farmaco non ha ancora concesso il via libera.
AADC: LA MALATTIA RARA DI SIMONE
Il deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici (o, più semplicemente, deficit di AADC) è un rarissimo disturbo metabolico di cui si stima soffrano appena poche centinaia di persone in tutto il mondo e che ha origine da mutazioni ai danni del gene DDC. Questo comporta un’alterazione nella tappa finale del percorso di sintesi dei neurotrasmettitori dopamina e serotonina, essenziali per il normale espletamento delle funzioni del sistema nervoso. I bambini come Simone presentano gravi lacune nello sviluppo neurologico e cognitivo e sono affetti da un’ampia gamma di sintomi, su cui spiccano le crisi oculogire, della durata anche di diverse ore, e l’estrema debolezza (ipotonia muscolare).
Sebbene il deficit di AADC sia stato descritto per la prima volta solo di recente, è stato scoperto una marcatore - la metildopa (3-OMD) - in grado di individuare precocemente la malattia e, ancor più, è stata sviluppata una terapia genica che è stata autorizzata per l’Immissione in Commercio da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) la scorsa estate. Avvalendosi di un vettore virale adenoassociato di tipo 2 (AAV2), eladocagene exuparvovec - questo il nome della terapia sviluppata dall’azienda PTC Therapeutics - riesce a veicolare una copia corretta del gene DDC nelle cellule del cervello colpite dalla malattia, ripristinando la produzione di dopamina con un sensibile miglioramento della funzionalità motoria.
UNA TERAPIA GENICA EFFICACE…
Lo sgomento provocato dal venire a conoscenza che il proprio figlio sia affetto da una malattia di cui soffrono meno di duecento persone nel mondo può essere mitigato solo dall’apprendere che i progressi della ricerca scientifica hanno permesso di elaborare una terapia efficace. È quello che devono aver pensato anche Sebastiano e Sabrina quando hanno saputo dell’esistenza di eladocagene exuparvovec. Come si evince dalla storia di Sebastiano e Sabrina, l’impatto della malattia sulla vita di Simone è stato altissimo dal momento che la grave disabilità di cui è affetto gli impedisce di avere una vita come quella di qualunque bambino della sua età. Simone è estremamente debole, non riesce a tenere il capo eretto, non cammina da solo e non può parlare. In più soffre di crisi oculogire ed è costretto a lunghe sedute di fisioterapia oltre all’assunzione di numerosi farmaci per lenire i sintomi della malattia. La sua vita è un continuo entrare e uscire dagli ospedali presso cui deve sottoporsi a numerose visite di controllo, tanto che i genitori hanno raccontato dei ripetuti viaggi in traghetto che, dalla Sicilia, li portavano all’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova - dove Simone è già stato operato due volte per problemi alle anche - o all’IRCCS Stella Maris di Pisa, presso cui circa due anni fa il bambino ha ricevuto la sua diagnosi.
Ad accrescere la frustrazione dei genitori concorre la consapevolezza che la terapia genica di PTC Therapeutics funziona, come dimostra il caso di Rylae-Ann Poulin, una bambina thailandese affetta dalla medesima malattia di Simone ma a cui è stata già somministrata eladocagene exuparvovec. Come Simone, prima di ricevere l’infusione Rylae-Ann non era in grado di camminare e di parlare ma, dopo che la terapia genica ha cominciato a fare effetto, ha sviluppato forza nei muscoli, iniziando a camminare e a parlare. A quattro anni vive l’infanzia come una bambina qualunque grazie alle correzioni che la giusta copia del gene sta apportando al suo organismo.
Non è un miracolo ma il frutto di anni di duro lavoro e impegno da parte dei ricercatori e dei medici dediti alla messa a punto di un trattamento che, con una sola infusione nel putamen (una specifica regione del cervello dove agisce la dopamina) può cambiare la vita dei piccoli pazienti. Infatti, i risultati a lungo termine prodotti negli studi clinici condotti con questa terapia sono stati fondamentali per indirizzare la decisione dei vertici dell’EMA verso l’approvazione di una soluzione terapeutica per una malattia priva di qualsiasi opzione di cura.
… CHE IN ITALIA ANCORA NON È ARRIVATA
E nel nostro Paese? Purtroppo, l’iter di autorizzazione da parte degli Stati membri UE di una nuova terapia è sempre lungo e l’attesa è diventata snervante per i genitori di Simone che, alla fine, hanno deciso di scrivere una lettera di richiesta di aiuto al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e per conoscenza al Ministro della Salute, Orazio Schillaci, al sottosegretario, Marcello Gemmato, e alla Ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella.
Infatti, mentre si attende il responso sulla terapia da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), il prof. Vincenzo Leuzzi - Ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso il Policlinico Umberto I di Roma (dove Simone è seguito) - ha richiesto l’attivazione dei percorsi di accesso precoce ai farmaci non autorizzati (si chiamano Early Access Programmes e comprendono la Legge 648/1996, l’uso compassionevole e il Fondo Nazionale AIFA). Purtroppo, la domanda di somministrazione tramite il Fondo del 5%, stabilito dalla legge 326/2003 che consente di coprire le spese della terapia, è stata negata.
Esasperati dagli ostacoli burocratici, e consci che ogni giorno sprecato potrebbe ridurre l’impatto benefico del trattamento, Sebastiano e Sabrina hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica la storia di Simone, nell’estrema speranza che questo possa servire a smuovere le acque. Sfortunatamente, il loro non è l’unico caso di questo tipo ed è fondamentale tenere sempre a mente quanto il fattore tempo sia determinante per i pazienti e le famiglie che convivono con gravi malattie rare.