Dott. Diego Ponzin (Venezia): “I ricercatori hanno ottenuto uno stroma corneale da cellule della pelle dei maiali e l’hanno trapiantato, consentendo ai malati il recupero dell’acuità visiva”
Stando agli ultimi dati, riportati sulla rivista scientifica Jama Ophtalmology da un gruppo di ricercatori dell’Università Jean Monnet di Saint-Etienne, il rapporto tra i pazienti che sono in attesa di una cornea da trapiantare e l’offerta di tessuti disponibili è di 1:70. Ciò significa che, a livello mondiale, per 70 persone che necessitano di questo intervento solo una cornea è a disposizione. Da qui si intuisce il valore di istituti, come la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto Onlus, costantemente impegnati per sensibilizzare la popolazione sul tema delle donazioni. Ma diventa anche evidente il significato di una innovativa ricerca svedese nella quale è stata messa a punto una cornea artificiale e i cui risultati sono stati pubblicati ad agosto su Nature Biotechnology.
Lo studio è stato svolto dai ricercatori dell’Università di Linköping (Svezia) in collaborazione con la società di bioingegneria LinkoCare Life Sciences e mira alla possibilità di ricreare una matrice sintetica a partire dal collagene ottenuto dal derma di suino. Questa chiamata matrice collagenica - chiamata Bioengineered Porcine Construct Double crosslinked (BPCDX) e generata attraverso un rigido protocollo di purificazione cellulare - non è attiva da un punto di vista immunologico e può essere impiantata in pazienti affetti da cheratocono consentendo un buon recupero della vista.
“L’articolo dei colleghi svedesi dimostra come sia possibile realizzare una struttura che assomigli alla parte stromale della cornea”, spiega il dott. Diego Ponzin, della Fondazione Banca degli Occhi, che ha sede a Zelarino (Venezia). “Infatti, la cornea costituisce la membrana anteriore dell’occhio e ha la caratteristica di essere perfettamente trasparente. È una struttura a strati la cui parte centrale, che nell’uomo ha uno spessore di circa mezzo millimetro, è definita stroma. I ricercatori svedesi hanno fatto ricorso a del collagene di tipo I, una proteina ampiamente presente nella cornea, prelevandolo dalla cute dei suini e sottoponendolo a un attento procedimento di purificazione, in accordo con gli standard qualitativi in atto per la produzione di dispostivi medici da usare nelle pratiche chirurgiche oftalmologiche. In tal modo hanno ottenuto uno stroma con determinate caratteristiche di trasparenza e a basso rischio di suscitare reazioni da rigetto”.
Tuttavia, a suscitare l’entusiasmo dei tanti oculisti che hanno letto l’articolo non è solo l’innovazione tecnologica insita nella ricerca - la genialità degli svedesi è già nota per l’invenzione della cerniera zip o dello schermo piatto oggi usato per tutti gli smartphone e le televisioni - ma la sua più importante destinazione d’uso. “Nonostante una situazione che potremmo definire a macchia di leopardo, con Regioni in cui la rete di donazioni funziona meglio che in altre, a livello nazionale la necessità di cornee da trapianto è quasi completamente soddisfatta”, prosegue Ponzin. “Il pesante rallentamento imposto dalla pandemia di COVID-19 non ha impedito all’Italia di raggiungere i 7 mila trapianti annui, un dato consolidato già da qualche tempo. E questo anche grazie all’imponente rete di raccolta di tessuti corneali che sfiora le 17 mila donazioni annue. Tutto ciò ci consente di fruire di un ampio bacino di disponibilità e, a volte, ci mette nelle condizioni di fornire aiuto a Paesi esteri dove esiste una relativa carenza di tessuti per il trapianto”.
E qui emerge il significato ultimo della pratica descritta dai ricercatori svedesi che trova spiegazione proprio nella difficoltà di soddisfare il bisogno mondiale di trapianto di cornee attraverso le attuali pratiche di donazione. “Ci sono Paesi dove manca una rete tecnologica di laboratori specializzati - come sono le banche degli occhi - che possa fornire un numero di tessuti pari alla domanda e, soprattutto, dove è impossibile mettere in piedi una rete di donazioni nell’arco di pochi anni”, aggiunge ancora Ponzin, che da alcuni mesi è stato nominato Presidente della Società Italiana delle Banche degli Occhi (SIBO). “Servono anni di lavoro e cospicui finanziamenti per esportare e rendere operativo il modello delle banche degli occhi, pertanto questi Paesi cercano soluzioni nel medio periodo. La possibilità di spedire tessuti già pronti e facilmente trasportabili, come quelli proposti dai ricercatori svedesi, permetterebbe di superare le varie difficoltà logistiche e organizzative che in questo momento ostacolano l’attività di trapianto”. Infatti, secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato su Nature Biotechnology la matrice ottenuta dagli studiosi svedesi può essere refrigerata o conservata a temperatura ambiente fino a due anni prima di essere utilizzata, rendendone ancora più semplice l’utilizzo e la distribuzione.
La matrice collagenica BPCDX è stata testata con uno studio clinico di Fase I condotto su 20 pazienti affetti da cheratocono - un assottigliamento progressivo della parte centrale della cornea che ha esordio nell’adolescenza e per cui sono allo studio diverse opzioni - con risultati estremamente positivi in termini di ripristino della vista (come descritto qui). “La procedura dei colleghi svedesi si può definire di cheratoplastica additiva perché prevede il rinforzo del tessuto corneale malato mediante una matrice abbastanza facile da reperire, semplice da trasportare e conservare”, conclude Ponzin. “Questo è certamente significativo per il trattamento del cheratocono ma non risolve del tutto il problema dei trapianti di cornea, dal momento che esistono altre patologie corneali richiedenti una terapia sostitutiva e non solamente additiva e per le quali questa innovativa tecnica non può costituire una soluzione”.