L’elettrodo a base di idrogel può essere iniettato nelle vene cardiache e rilasciare impulsi nei ventricoli, dove i metodi tradizionale non arrivano. La strategia è stata testata su modelli animale
Quando il cuore batte in maniera irregolare, uno shock elettrico può ripristinare la normale frequenza cardiaca. Gli elettrodi in metallo, però, non riescono ad arrivare alle camere più basse del cuore, i ventricoli, si fermano invece negli atri dove la loro efficacia è solo parziale. Ma, come riportato in un articolo su Science, i recenti risultati, presentati lo scorso marzo allo Spring Meeting dell’American Chemical Society (ACS) 2022, aprono la strada ad una soluzione. I ricercatori dell’Università del Texas hanno realizzato un elettrodo iniettabile partendo da due soluzioni liquide che formano un cavo di plastica flessibile in grado di raggiungere anche i ventricoli e di generare impulsi meno forti (e meno dolorosi per i pazienti). Lo hanno testato con successo sul cuore danneggiato di un maiale, ristabilendo il ritmo cardiaco.
LE ARITMIE CARDIACHE
Le aritmie rappresentano la causa principale di morte cardiaca improvvisa – ogni anno in Europa e Nord America si verificano 50-100 morti cardiache improvvise per ogni 1000 decessi– e una delle prime cause di morbilità e mortalità in generale. Il cuore può battere troppo lentamente (bradicardia) o troppo velocemente (tachicardia), oppure con un ritmo irregolare (aritmie).
Il battito cardiaco è controllato da un nodo di cellule interno al cuore chiamato nodo seno-atriale. Questo emette ritmicamente un segnale elettrico, che si propaga attraverso le quattro camere del cuore, dagli atri ai ventricoli, e stimola la contrazione di tutte le fibre muscolari cardiache. L’aritmia può nascere quando una parte qualsiasi di questo circuito non funziona correttamente. Dopo un infarto o una lesione, ad esempio, le cellule del muscolo cardiaco non possono rigenerarsi, si formano invece dei depositi di tessuto cicatriziale, che possono ostacolare la propagazione del segnale elettrico, generando un’aritmia.
L’ELETTROTERAPIA PER LE ARITMIE
Il trattamento per le aritmie gravi consiste principalmente nell’elettroterapia, ossia nella trasmissione di impulsi elettrici che ripristinano il ritmo o la frequenza del battito cardiaco, per mezzo di un pacemaker o un defibrillatore automatico impiantati chirurgicamente. Entrambi sono formati da un piccolo computer collegato a una batteria che registra il battito del cuore e da un sistema di elettrodi che generano gli impulsi.
Hanno però funzioni leggermente diverse: il pacemaker invia impulsi costanti e a bassa energia, che aiutano a mantenere il battito regolare del cuore. Il defibrillatore, invece, in caso di aritmie gravi e potenzialmente letali (soprattutto a carico dei ventricoli), rilascia un impulso elettrico ad alta energia, un vero e proprio shock.
Il defibrillatore automatico impiantabile, nei casi più gravi, è un dispositivo salvavita. Ma lo shock può essere molto doloroso e il paziente non ha modo di prevedere quando arriverà. L’elettroterapia, inoltre, è efficace solo se gli elettrodi "reclutano" il maggior numero possibile di cellule cardiache.
LA VIA PER I VENTRICOLI
Ma i cavi, generalmente, hanno un diametro maggiore rispetto ai vasi che si estendono sulla superficie del cuore, e quelli in metallo sono troppo rigidi. Possono essere posizionati solo attraverso le vene cardiache più grandi, lungo la superficie esterna del cuore e a contatto con le sole camere superiori, gli atri. Le pareti del ventricolo sinistro, invece, sono particolarmente spesse: circa un terzo dei pazienti non risponde bene al trattamento, poiché lo stimolo non raggiunge una porzione significativa di tessuto.
Sono stati messi a punto nuovi elettrodi di metallo super sottili che riescono a passare attraverso i vasi coronarici e a raggiungere il muscolo cardiaco fino ai ventricoli. Ma le vene coronariche di molti pazienti sono troppo strette o parzialmente occluse.
UN ELETTRODO INIETTABILE
I ricercatori dell’Università del Texas, in collaborazione con gli ingegneri del Texas Heart Institute, hanno realizzato un nuovo elettrodo iniettabile a partire da due soluzioni liquide. Un gel che iniettato nelle vene cardiache, si propaga anche nei vasi di diametro inferiore e dopo pochi secondi solidifica, trasformandosi in un cavo di plastica flessibile.
Il gel è formato da due componenti: il primo è il poli(etere uretano diacrilamide) o PEUDAm, che forma la plastica; il secondo è l’N-acriloil glicinammide, che collega tra loro le molecole di PEUDAm. I due componenti sono liquidi finché rimangono separati, e solidificano solo quando si mescolano. Per l’iniezione i ricercatori hanno usato un catetere super sottile a lume doppio, ossia diviso a metà in due tubi. In questo modo, i due liquidi rimangono separati fino a che non raggiungono la posizione desiderata. A questo punto, il catetere viene rimosso, i due liquidi si mescolano all’interno delle vene cardiache e formano il cavo di plastica, che è in grado di trasmettere lo stimolo elettrico anche ai ventricoli.
I TEST SUL CUORE DI MAIALE
I ricercatori hanno testato il sistema su un cuore di maiale (già espiantato), ed è stato un successo sin dalla prima iniezione. Gli elettrodi hanno superato tutti i test, risultando stabili, conducibili e non tossici. In altri esperimenti, i ricercatori hanno testato l’elettrodo su un tessuto cardiaco di maiale danneggiato, in modo da somigliare al cuore dei pazienti che hanno subito una lesione. Il cavo è stato collegato a un normale pacemaker esterno ed è stato così ripristinato un battito cardiaco regolare.
Se perfezionata, la procedura potrebbe sostituire gli shock ad alta intensità. Si tratterebbe quindi di un’elettroterapia più lieve e meno dolorosa per il paziente, ma egualmente efficace, perché in grado di stimolare il tessuto cardiaco in profondità: i ventricoli come gli atri. Saranno però necessari altri esperimenti su modelli animali di malattia al cuore prima di poter testare la procedura in uno studio clinico sugli esseri umani.