Le cellule di pazienti con malattie mitocondriali sono state arricchite con mitocondri sani per sostituire quelli con il DNA difettoso. Pubblicati i risultati, che sono molto incoraggianti
Una paziente costretta a letto e incapace anche solo di mettersi a sedere, è riuscita a stare in piedi dopo una terapia sperimentale effettuata allo Shelba Medical Center di Tel Aviv. La ragazza è affetta dalla sindrome di singola delezione su ampia scala del DNA mitocondriale (SLSMD), malattia multisistemica che colpisce principalmente il midollo osseo, e insieme ad altri 5 pazienti è stata sottoposta al primo trapianto mitocondriale per questa patologia. I mitocondri “malati” non riescono a produrre energia per la cellula perché hanno perso una parte del loro DNA. I medici hanno arricchito le cellule del midollo osseo dei pazienti con mitocondri sani, registrando un miglioramento dei parametri clinici e della qualità di vita. I risultati sono stati pubblicati lo scorso dicembre su Science Translational Medicine.
LE MALATTIE MITOCONDRIALI
Ad oggi non esiste una cura per le delezioni su ampia scala del DNA mitocondriale (SLSMD), che si manifestano quando una porzione del DNA dei mitocondri, trasmesso per via materna, scompare spontaneamente da una generazione all’altra. I sintomi compaiono generalmente nella seconda decade di vita e comprendono perdita della vista e dell’udito, debolezza muscolare, problemi cardiaci e gastrointestinali e morte precoce. Il DNA mitocondriale (mtDNA) costituisce solo lo 0,1% del genoma umano, ma mutazioni in questa sequenza sono spesso associate a disabilità grave e rischi per la vita. Il mancato funzionamento dei mitocondri interrompe il flusso di energia alla cellula, che adopera questi organelli per trasformare ossigeno e nutrienti in energia chimica per le reazioni metaboliche. I mitocondri possiedono anche altre funzioni non legate alla produzione energetica e fondamentali per il corretto funzionamento delle cellule, come la regolazione del ciclo cellulare, la sintesi del colesterolo e di neurotrasmettitori e la produzione del calore. Per questo, le malattie mitocondriali colpiscono più organi e tessuti simultaneamente e sono tra le più difficili da curare.
STRATEGIE TERAPEUTICHE
Sono molti i ricercatori in tutto il mondo impegnati ad ideare innovative strategie terapeutiche su questo fronte. Studi recenti hanno dimostrato, ad esempio, che è possibile correggere il mtDNA difettoso con una particolare tecnica di editing. Per la neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON), una delle malattie mitocondriali più diffuse, è in via di sviluppo una terapia genica.
Un’altra strategia si basa, invece, sulla sostituzione o donazione di mitocondri, procedura che è stata autorizzata nel 2017 nel Regno Unito e, a seguire, in Australia. Si tratta di una particolare tecnica di fecondazione artificiale che vede il contributo di tre persone: la madre, il padre e una donatrice di mtDNA, che si sostituisce a quello della mamma nel caso in cui questa sia portatrice di patologie genetiche mitocondriali. Il bambino nasce sano poiché non eredita dalla madre i geni della malattia. Questa pratica però non è ancora autorizzata in Italia, così come nella maggior parte degli altri Paesi. La stima è che ad oggi siano nati meno di 10 bambini al mondo con questa tecnica, ancora pochi per confermare la sicurezza della procedura.
IL TRAPIANTO DI MITOCONDRI
Sono invece molti i bambini che continuano a nascere affetti da malattie mitocondriali, la stima è di 1 su 5000. Il trapianto di mitocondri potrebbe aiutare questi pazienti, poiché gli organelli sani sostituirebbero quelli che portano la mutazione. Una procedura in corso di valutazione allo Sheba Medical Center di Tel Aviv (Israele): 6 bambini sono stati sottoposti alla terapia sperimentale all’interno di un programma di cure per uso compassionevole. Questo primo passo è stato raggiunto solo dopo anni di ricerca in laboratorio e su modelli animali.
Risale a più di dieci anni fa, nel 2009, il primo trapianto di mitocondri che ha permesso di risanare un cuore danneggiato nei conigli. Nel 2020, al Boston’s Children Hospital la procedura è stata autorizzata su 10 bambini affetti da problemi cardiaci: l’80% dei pazienti non ha più avuto bisogno dei macchinari di respirazione assistita (contro il 30% nel gruppo di controllo, curato con le terapie tradizionali).
Per quel che riguarda le SLSMD, il primo banco di prova è arrivato nel 2017, quando l’azienda biotech Minovia, in collaborazione con lo Shelba Medical Center, ha trattato il primo ragazzo affetto dalla sindrome di Pearson: una malattia ultrara (si stimano meno di 100 pazienti in tutto il mondo) che rientra nella categoria delle SLSMD. I pazienti hanno una disfunzione sistemica che colpisce soprattutto il midollo osseo e il pancreas esocrino e hanno bisogno di continue trasfusioni di sangue. Il ragazzo è stato sottoposto a una procedura sperimentale per uso compassionevole: i dottori hanno isolato dal suo midollo osseo le cellule ematopoietiche che sono state “arricchite” con i mitocondri sani della madre. Le cellule ematopoietiche sono state, quindi, reinfuse nel paziente per dare origine ad altre cellule del sangue senza la delezione nel mtDNA. A questo primo paziente, ne sono seguiti altri cinque: 3 con la sindrome di Pearson e 2 con la sindrome di Kearns-Saire, una SLSMD caratterizzata da perdita di vista e udito e blocco cardiaco.
I risultati su questi primi pazienti sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista Science Translational Medicine. I ricercatori hanno misurato la ratio tra il DNA mitocondriale sano e quello mutato, il numero totale di molecole di DNA mitocondriale e la capacità delle cellule di produrre energia: tutti i parametri sono aumentati dopo il trattamento. Alcuni miglioramenti clinici sono stati visibili anche a occhio nudo, con i pazienti che hanno recuperato qualche capacità di movimento.
LO STUDIO CLINICO
Dopo aver avviato il percorso di trattamento per uso compassionevole, nel 2019, l’azienda Minovia ha avuto l’autorizzazione dalle agenzie competenti per l’avvio di uno studio clinico di Fase I/II, condotto sempre allo Shelba Medical Center, su 7 pazienti con la sindrome di Pearson e altre malattie mitocondriali. I primi risultati saranno disponibili nel corso del 2023, il trial ha subito dei ritardi legati alla pandemia da COVID-19.
L’obiettivo del trial è di fornire una serie di informazioni tecniche sulla procedura: ad esempio quale è il numero di dosi necessarie per avere un effetto a lungo termine e se un regime di condizionamento pre-trapianto (l’eliminazione mediante chemioterapia o radioterapia delle cellule malate per fare posto alle sane) può aumentare l’efficacia della terapia. L’altro punto nel programma di Minovia è quello di rendere la terapia “off-the-shelf”, ovvero pronta all’uso, estraendo le cellule ematopoietiche arricchite con i mitocondri direttamente dalle placente di donatori.
I ricercatori hanno dichiarato che si tratta di “una terapia dalle grandi potenzialità”. Se i risultati confermeranno le aspettative, il trapianto di mitocondri potrebbe diventare una nuova opzione di trattamento non solo per malattie genetiche rare, ma anche per una lunga serie di altre condizioni legate a un danno dei mitocondri, come l’infarto del miocardio o l’infertilità maschile.