Spina dorsale

Un avveniristico dispositivo per la stimolazione elettrica epidurale ha permesso a tre pazienti con una lesione del midollo spinale di recuperare le funzioni motorie e riprendere a camminare 

Una sera di cinque anni fa, mentre rincasava dal lavoro in sella alla sua moto, Michel Roccati è stato coinvolto in un incidente stradale nel quale ha riportato una lesione del midollo spinale che lo ha lasciato sulla sedia a rotelle. Ecco perché hanno del miracoloso le immagini diffuse dalla stampa qualche settimana fa che lo ritraggono mentre cammina per le strade di Losanna. Il “miracolo” è stato possibile grazie a un innovativo dispositivo per la stimolazione elettrica epidurale sviluppato dai ricercatori del Politecnico di Losanna (Svizzera). A raccontare questa straordinaria storia a Osservatorio Terapie Avanzate sono lo stesso  Michel Roccati e Nicolò Macellari, ricercatore del Politecnico e del programma NeuroRestore, che punta allo sviluppo di applicazioni bioingegneristiche per ripristinare la funzionalità dei nervi lesionati.

PRINCIPIO DELLA STIMOLAZIONE ELETTRICA EPIDURALE

La stimolazione elettrica epidurale (Epidural Electrical Stimulation, EES) interessa i fasci di neuroni che, tramite le radici dorsali, entrano nel midollo spinale e prevede proprio l’attivazione dei motoneuroni collegati a specifici segmenti spinali innervati dalle radici dove sono presenti questi neuroni. “In termini pratici, abbiamo sviluppato un dispositivo che si compone di due parti, una parte impiantata e una esterna, per il controllo della stimolazione”, spiega il dott. Macellari dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL). “L’impianto è composto da 16 elettrodi che vengono inseriti nello spazio epidurale della colonna vertebrale. Essi sono collegati a un generatore di impulsi simile, per principio, ai pacemaker utilizzati nei pazienti con problematiche cardiache. Infine, il generatore di impulsi comunica con un dispositivo esterno che invia alla colonna vertebrale il segnale di ciò che si desidera produrre in termini di stimolazione”. Questo processo può essere controllato direttamente dal paziente attraverso un’applicazione comodamente installata su un tablet tramite cui si possono impostare diverse tipologie di programmi: per camminare, per salire le scale o per svolgere determinati esercizi. “Ogni programma prevede dunque l’erogazione di un pattern di stimolazione elettrico a livello della colonna vertebrale per produrre un certo tipo di movimento”, precisa Macellari. 

I risultati di questa ricerca senza precedenti sono stati pubblicati a febbraio sulla prestigiosa rivista Nature Medicine e descrivono tutte le fasi di uno studio che ha richiesto anni di duro lavoro. A cominciare dalla delicata fase di individuazione dei punti nodali da stimolare. “Abbiamo generato un modello personalizzato del midollo spinale dei pazienti così da definire la posizione migliore per gli elettrodi”, prosegue Macellari. “I primi pazienti coinvolti nella sperimentazione avevano lesioni incomplete alla spina dorsale perciò conservavano minime capacità di movimento degli arti inferiori. Con l’EES speravamo di aumentare il controllo volontario residuo sui loro arti inferiori e poi, man mano che abbiamo imparato le potenzialità della tecnologia, abbiamo scelto di proseguire con pazienti colpiti da lesioni complete alla spina dorsale”.

L’ESPERIENZA DI MICHEL 

Michel Roccati è un ragazzo atletico e grande appassionato di sport e di motociclismo che, ad un certo momento della sua esistenza, ha dovuto affrontare una drammatica realtà. “L’incidente in moto mi ha procurato una lesione T6 toracica completa per cui non ero più in grado di muovere le gambe”, spiega Roccati. “Non è stato facile accettarlo ma quando sono stato dimesso dall’Ospedale ho iniziato immediatamente a studiare la fisiologia del cervello e del midollo spinale. Volevo a tutti i costi individuare una soluzione al mio problema e ho iniziato a consultare diversi siti internet specifici e riviste di settore. Ho anche avuto l’occasione di partecipare a un congresso di neurologia nel corso del quale, a un certo punto, si è parlato del progetto di ricerca dell’EPFL. L’idea mi ha colpito immediatamente e ho sperato potesse rappresentare la soluzione che stavo cercando tanto intensamente. Così ho contattato il team medico a Losanna”. Michel ha presentato la cartella clinica e il suo caso - insieme a quelli di altri due pazienti - si è rivelato adatto per la seconda parte del progetto, dedicata ai pazienti con lesioni spinali gravi, senza possibilità di movimento nelle gambe ma con almeno 6 cm di midollo spinale sano sotto la lesione.

“Oltre a studiare come sono fatti i nervi, dopo l’uscita dall’Ospedale non ho mai smesso di allenarmi, a casa mia o in una clinica privata, cercando di puntare sulla mobilitazione degli arti inferiori”, riprende Michel. “Mi sono sottoposto a diversi trattamenti per stimolare la sensibilità negli arti inferiori e conservare mentalmente il movimento delle gambe e la dinamica della camminata. È stato un duro lavoro, sia fisico che di testa, ma ho sempre cercato di darmi da fare affinché il mio fisico rimanesse nelle condizioni migliori. Questo si è rivelato fondamentale per poter essere inserito nella sperimentazione e accettare la stimolazione elettrica epidurale”.

I PRIMI PASSI…

Attraverso una fine mappatura degli schemi di attivazione dei motoneuroni nella spina dorsale i ricercatori svizzeri hanno raccolto un “archivio” di segnali da impiegare per stimolare i nervi dei pazienti a svolgere diverse attività. “Una volta fatto ciò siamo stati in grado di realizzare l’impianto del dispositivo con un intervento chirurgico minimamente invasivo”, chiarisce ancora Macellari. “È sufficiente aprire uno spazio tra le vertebre e inserire una sonda di materiale polimerico di pochissimi millimetri di spessore mentre, dal lato opposto, si fa passare sotto il sito dell’impianto un filo che scivola sotto le vertebre sino a raggiungere la posizione desiderata”. Detta così sembra semplice, ma l’équipe medica necessaria per realizzare tale operazione deve essere altamente specializzata. Servono raffinate competenze di neurochirurgia e molta esperienza per raggiungere il massimo livello di precisione.

Fin dalla prima settimana dopo l’operazione ci siamo messi al lavoro per individuare la corretta combinazione di frequenze grazie a cui avrei potuto alzarmi in piedi e fare i primi passi”, ricorda Michel. “Mi trovavo in una sala gigantesca, con specchi ovunque, e a un tratto ho visto il mio corpo di nuovo in posizione eretta. Rivedermi in piedi dopo tanto tempo ha provocato dentro di me un’indicibile ondata di emozioni. Per diversi minuti non sono stato in grado di dire nulla”.

Il rilascio degli impulsi che permettono ai pazienti come Michel di recuperare la posizione eretta si esegue da remoto con un’interfaccia facilmente accessibile. “Ho a disposizione un tablet dove ho scaricato i vari programmi di utilizzo, con le frequenze specificamente associate ai vari gruppi muscolari”, prosegue Michel Roccati. “È un sistema molto intuitivo, più difficile da spiegare che da usare”. Infatti, Michel spiega di farne uso tutti i giorni anche al lavoro e di allenarsi regolarmente a casa. “Alla fine di ogni giornata cammino per due ore”, aggiunge. “Nel corso delle prime fasi della riabilitazione usavo un deambulatore che sosteneva sino all’80% del mio peso corporeo ma più la muscolatura cresce meglio reagisce il fisico. Oggi, non solo non ne faccio più uso ma cammino indossando un gilet del peso di 15 Kg per stimolare ancora di più la muscolatura. Io voglio alzare sempre di più l’asticella e pertanto mi alleno per tagliare traguardi sempre nuovi”. 

…E I PROSSIMI SVILUPPI

Ed è lo stesso obiettivo che si sono posti anche i ricercatori dell’EPFL continuando a perfezionare questa straordinaria tecnologia. “Esistono ancora dei limiti tecnologici legati allo stimolatore, alla frequenza e all’ampiezza di corrente necessarie per fornire la stimolazione e anche in merito alla capacità di aggiornare rapidamente la stimolazione”, conclude Macellari. “È una tecnologia in via di sviluppo, che ancora non è pronta per essere applicata ad un numero esteso di pazienti con diverse caratteristiche fisiche. Ma stiamo lavorando per semplificare ulteriormente il prodotto, facendo in modo che sia sempre più ricco di impulsi con cui evocare i movimenti del corpo e sia semplice da usare, senza il bisogno di ingegneri, terapeuti e personale specializzato intorno al paziente”.

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