Farmaci

In un futuro non troppo lontano, i microrobot potranno navigare nel nostro organismo svolgendo importanti funzioni per la salute, come veicolare i farmaci o rimuovere trombi

Un esercito di microrobot si fa strada negli angoli più reconditi del corpo umano, armato di un carico di farmaci che rilascerà solo nell’organo bersaglio. Sembra quasi la trama di “Fantastic Voyage”, la pellicola del 1966 diretta da Richard Fleisher. Nel film, un sottomarino in miniatura, guidato da un equipaggio microscopico, aveva la missione di sciogliere un trombo nel cervello del protagonista. Ma anche nel mondo reale, è sempre più concreta la possibilità di mandare nanomacchine a propulsione attiva nel corpo umano per raggiungere i bersagli più difficili, come i tumori solidi. E non ci sarà bisogno di miniaturizzare un equipaggio per guidarle, ma potranno essere controllate dall’esterno per mezzo di campi magnetici o di motori molecolari. Un articolo di Anthony King e pubblicato a fine marzo su Nature fa il punto su questa tecnologia.

LE ALTERNATIVE ALLA CHEMIOTERAPIA SISTEMICA

L’arsenale di farmaci a disposizione contro il cancro si è molto arricchito negli ultimi anni, ma la difficoltà è farli arrivare al bersaglio senza danneggiare le cellule e i tessuti sani. Molti chemioterapici distruggono le cellule che proliferano attivamente, come quelle tumorali. Ma anche le cellule del sangue, dei follicoli piliferi, delle pareti dello stomaco e intestino si moltiplicano in maniera rapida e si trovano purtroppo nel mirino della chemioterapia. 

Per ridurre gli effetti collaterali e aumentare l’efficacia, ci sono due opzioni. La prima consiste nel somministrare per via sistemica farmaci specifici per le cellule tumorali, le cosiddette terapie a bersaglio molecolare. La seconda, invece, consiste nel veicolare i farmaci per via locale, direttamente all’interno del tumore o dell’organo bersaglio. Questa via permetterebbe di penetrare anche nei tumori solidi, i più difficili da raggiungere.

LE BARRIERE DEI TUMORI SOLIDI

I tumori sono in grado di erigere difese ed opporsi all’ingresso degli agenti antitumorali: una matrice extracellulare particolarmente estesa, ricca di cellule che sopprimono la risposta immunitaria e uno "scudo" di zuccheri che ostacola l’ingresso dei farmaci.

Ma i medici potrebbero avere in futuro la possibilità di inviare sul posto un vero e proprio esercito per abbattere le barriere del tumore. A sferrare il colpo decisivo sarebbero i microrobot, macchine in miniatura capaci di nuotare attraverso i fluidi biologici e veicolare i farmaci direttamente dentro il tumore. Una tecnologia che sembra uscita dritta da un racconto di fantascienza e che potrebbe approdare in clinica in meno di 10 anni.

ESERCITI DI MICROROBOT

Le dimensioni dei microrobot variano da 0,1 a 100 micrometri, ideali per navigare tra le macromolecole disciolte nei fluidi biologici. Ne esistono di tre tipi: cellulari, sintetici e ibridi. I primi contengono solo componenti cellulari, modificate per avere un effetto antitumorale. I ricercatori della Columbia University, ad esempio, hanno ingegnerizzato un ceppo di Escherichia coli con una tossina antitumorale e lo hanno inoculato nei modelli animali, dove è stato in grado di accumularsi nel tumore e distruggerlo. I microrobot sintetici, invece, contengono solo materiali artificiali, mentre gli ibridi sono un mix tra i due.

Possono avere una grande varietà di forme e una struttura più o meno rigida. Molti robot miniaturizzati sono ispirati ai microrganismi e hanno la capacità di modificare la loro forma in risposta agli stimoli ambientali, come il cambiamento di viscosità o la condizione osmotica dei liquidi. Altri hanno la struttura degli spermatozoi del corpo umano, alcune tra le più veloci cellule mobili, capaci di raggiungere i 5 mm per minuto.

I SISTEMI DI PROPULSIONE

Comune a tutte le classe di microrobot è il movimento attivo, che li distingue da altri sistemi di delivery basati sulle nanotecnologie come le nanoparticelle o i liposomi. I microrobot, infatti, sono attrezzati con sistemi di propulsione attiva: si muovono autonomamente, camminano o nuotano. Una strategia è quella di inserire tra i loro materiali delle particelle magnetiche, per poi generare all’esterno dei campi magnetici che creano una forza propulsiva in grado di spingere i robot in una specifica direzione.

L’alternativa sono i motori chimici, ossia macchine molecolari che sfruttano l’energia liberata dalle reazioni chimiche per muovere i microrobot. Samuel Sanchéz, chimico all’Istituto di Bioingegneria della Catalogna, a Barcellona, ha messo a punto un prototipo per il trattamento del cancro alla vescica, il BLADDEBOTì. Contiene l’enzima ureasi, che scinde l’urea in ammonio e anidride carbonica e sfrutta l’urea, abbondante nella vescica, come biocarburante, e l’energia rilasciata dalla reazione come propellente per muoversi.

POTENZIALITÀ CONTRO I TUMORI SOLIDI

Per queste caratteristiche, i microrobot hanno grandi potenzialità come terapie antitumorali, perché possono penetrare e accumularsi nel tessuto tumorale con più facilità o, anche, superare indenni un ambiente particolarmente ostile come quello gastrointestinale. I ricercatori del Politecnico di Montreal in Canada hanno usato una specie di batteri del genere Magnetococcus – che in natura si accumulano negli ambienti a basso contenuto di ossigeno – per raggiungere l’interno dei tumori solidi, caratterizzati da un basso livello di ossigenazione. Altri, invece, hanno realizzato nanomacchine che sfruttano il DNA come carburante e si accumulano negli ambienti più ricchi di questa molecola, come le cellule tumorali (in cui vi è una rapida proliferazione).

Dopo aver raggiunto il bersaglio, i microrobot rilasciano dei farmaci che distruggono direttamente le cellule tumorali oppure attivano il sistema immunitario del paziente. Il rilascio dei farmaci avviene sempre in maniera controllata. Per esempio, una strategia può essere quella di rivestire il microrobot con un polimero sensibile al pH, che si dissolve soltanto all’interno delle cellule, dove il pH è più alto. Molti dei microrobot che agiscono dentro lo stomaco, invece, sono composti da magnesio e zinco, che si dissolvono solo in un ambiente acido.

UNA RIVOLUZIONE ANNUNCIATA

Il mondo dei microrobot, insomma, è composto da una moltitudine di tipologie e materiali, sistemi propulsivi e meccanismi di azione. Proprio per questo, le loro possibili applicazioni sono vastissime. Oltre ai tumori, che rappresentano il bersaglio per eccellenza, i microrobot potrebbero avere funzioni antitrombotiche o nell’igiene dentale, eseguire biopsie mirate e catturare immagini per la diagnostica. Ma non sarà una rivoluzione immediata.

Gli scienziati ritengono che il loro ingresso in clinica non avverrà prima di 7-10 anni. La maggior parte degli studi sono, infatti, ancora in fase di ricerca di base e stanno entrando solo ora in preclinica per iniziare a valutare gli effetti di questa innovativa strategia sui modelli animali. La speranza è che grazie a una collaborazione sempre più stretta tra ricercatori e medici, i microrobot possano fare al più presto un altro passo in avanti dalla fantascienza al mondo reale.

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