Le terapie avanzate, ma più in generale l’innovazione biomedica, portano da sempre con sé grandi quesiti teoretici. A volte mettono letteralmente in crisi i principali modelli interpretativi della bioetica, quasi sempre portano con sé un’ampia gamma di dubbi e domande estremamente pratiche, tra le quali svettano l’informazione e l’allocazione delle risorse. Se da un lato la possibilità dell’editing genomico sugli embrioni umani è probabilmente l’esempio per eccellenza del quesito bioetico del nuovo millennio, dall’altro è impossibile non interrogarsi oggi su temi quali sperimentazione clinica, consenso informato e informazione (sia essa intesa come tempo di cura che come informazione pubblica).

La febbrile ricerca di una nuova terapia, di una nuova speranza per non arrendersi alle malattie, è da sempre connaturata all’uomo. Oggi abbiamo a disposizione sofisticate biotecnologie sviluppate con l’intento di salvare vite umane, che necessitano anni e anni di sperimentazioni cliniche (e prima ancora precliniche) e di ingenti risorse economiche per la loro applicazione pratica. Alle volte sono propriamente in grado di guarire (ne è un esempio la terapia genica per l’immunodeficienza ADA-SCID), in altri casi rappresentano le più alte forme di terapia personalizzata (come le CAR-T). Nella quasi totalità dei casi hanno dei costi elevati, soprattutto se paragonate alla terapie “tradizionali” e richiedono una rielaborazione delle strategie politiche, sociali ed economiche.

Chi può e deve quindi occuparsi di decidere come destinare le risorse, per natura limitate? Chi ha diritto di curare ed essere curato? Siamo certi che si tratti davvero di un problema di costi assoluti? Osservatorio Terapie Avanzate vuole offrire uno spazio di dibattito pubblico dedicato a questi ed altri temi bioetici intrinsecamente pluridisciplinari, accogliendo riflessioni e proposte, senza alcuna pretesa di esaustività. Sempre nell’ottica di farsi strumento al servizio di pazienti, ricercatori, istituzioni, giornalisti e stakeholder, favorendo un dibattito indipendente ed intellettualmente onesto.

Maiale

I maiali offrirebbero una fornitura potenzialmente illimitata di organi per l'uomo, ma la diffusione di questa pratica richiederà un approccio collaborativo e iterativo alla ricerca

Ogni anno migliaia di persone muoiono in attesa di un trapianto perché gli organi disponibili non sono sufficienti. Gli xenotrapianti, cioè i trapianti da una specie ad un’altra, potrebbero idealmente risolvere – o almeno attenuare – il problema. Nel corso della storia della medicina è stata migliorata la comprensione dell'immunologia, dell'immunosoppressione e dell'istocompatibilità, evidenziando così le criticità legate agli xenotrapianti e aumentando le possibilità di successo dei trapianti tra esseri umani. Migliorare le conoscenze riguardo a questa pratica clinica ha determinato una maggiore richiesta di organi, oggi terapia salvavita per molte condizioni. L’impossibilità di rispondere alle necessità di tutti i pazienti si è tradotta in un rinnovato interesse per la ricerca sugli organi provenienti da animali. Attualmente, il candidato ideale come fonte di organi per il trapianto negli esseri umani è il maiale: ma cosa è stato fatto finora?

Robert A. Montgomery

A New York hanno testato con successo un trapianto di rene di maiale, modificato geneticamente per ridurre il rischio di rigetto, in una donna cerebralmente morta

Un rene di maiale modificato geneticamente e trapiantato in un organismo umano ha funzionato per 54 ore. Per la prima volta, dopo le sperimentazioni su primati non umani, la procedura ha funzionato nella nostra specie e l’organo non è stato immediatamente rigettato. L’operazione è stata effettuata, con il consenso dei famigliari, su una donna cerebralmente morta e tenuta in vita artificialmente. I dettagli della procedura – effettuata all’ospedale NYU Langone Health di New York - non sono stati ancora pubblicati: la strada da qui a renderla una pratica clinica è molto lunga, piena di ostacoli e di domande a cui rispondere, ma il trapianto eseguito resta una prova di fattibilità.

Embrione

Gli scienziati hanno fatto sviluppare con successo, per ben 19 giorni, embrioni contenenti cellule umane e di scimmia, ma come (e perché) siamo arrivati fino a questo punto?

Sebbene la ricerca sugli ibridi umano-animali abbia una storia lunga ed eticamente discutibile, negli ultimi anni i ricercatori hanno esplorato le possibilità di questo ambito di ricerca per migliorare la conoscenza di meccanismi biologici che potrebbero essere utili per ampliare le conoscenze nel campo della medicina rigenerativa. A metà aprile è stato pubblicato su Cell uno studio che descrive come delle cellule staminali umane siano state trasferite in embrioni di scimmia e, successivamente, fatti sviluppare in vitro per 19 giorni. Una sperimentazione che solleva molteplici interrogativi scientifici, tecnici, regolatori e soprattutto etici: la notizia è stata riportata su molti media e Osservatorio Terapie Avanzate ha deciso di approfondire ulteriormente un argomento di cui avevamo già parlato QUI.

Embrione

Due notizie hanno acceso il dibattito internazionale sul tema: la revisione del limite dei 14 giorni di sviluppo per gli embrioni umani e la crescita di embrioni di topo in utero artificiale 

Il primo grande traguardo nella ricerca sugli embrioni è stato raggiunto alla fine degli anni ’70 con la nascita in Inghilterra di Louise Brown, primo neonato concepito con la fecondazione in vitro. Da allora sono state molte le linee guida, le leggi e le norme internazionali che proibivano la crescita di embrioni in laboratorio oltre i 14 giorni consecutivi. Al di là delle regolamentazioni, mezzo secolo fa non esistevano le tecniche per fare sopravvivere un embrione di mammifero in vitro per un periodo così lungo, ma ora sì. Questa possibilità scatena riflessioni scientifiche e bioetiche, a maggior ragione se si considera anche il recente studio sullo sviluppo di embrioni di topo in un utero artificiale. Una vera rivoluzione per la ricerca su embrioni e cellule staminali.

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni