Sperimentazioni su embrioni uomo-scimmia e uomo-topo sono in corso in Cina e in Giappone. L’obiettivo è ambizioso e bisogna tenere in considerazione gli aspetti etici, oltre a quelli tecnico-scientifici.
La chimera è un mostro leggendario che appartiene alla mitologia greca, romana ed etrusca e la cui descrizione cambia a seconda degli autori dell’epoca. Nella mitologia greca viene generalmente descritto come un mostro con testa e corpo di leone, una coda di serpente e una seconda testa di capra sulla schiena. In biologia la situazione è un po’ meno grottesca: si definisce chimera un “individuo le cui cellule derivano da due diverse uova fecondate, unite accidentalmente o sperimentalmente” (Treccani). Le cellule possono provenire anche dalla combinazione di cellule di individui di specie diverse. Un recente studio di questo tipo è stato fatto da un gruppo di ricercatori guidati dal professor Juan Carlos Izpisúa Belmonte del Salk Institute in California negli Stati Uniti.
Il professor Belmonte ha lavorato con i ricercatori in Cina con l’obiettivo di creare chimere umano-animale, nello specifico embrioni di scimmia con l’aggiunta di cellule umane: in questo modo si potrebbero produrre organi composti da cellule umane, ma sviluppati all’interno di organismi animali. Ci si potrebbe chiedere il motivo di questa ricerca e sarebbe una domanda più che lecita. Le chimere sono viste come una potenziale soluzione al problema dei trapianti di organo: numericamente, la produzione di chimere potrebbe sopperire alla mancanza di organi (in Italia le liste di attesa hanno in totale 8874 pazienti, dati del 2017 - Centro Nazionale Trapianti); inoltre, si potrebbe risolvere il rigetto perché la produzione potrebbe essere fatta geneticamente su misura per il ricevente. Il professor Belmonte e altri scienziati erano precedentemente riusciti a produrre sia chimere maiale-umano che pecora-umano: in queste ricerche la quantità di cellule umane sviluppatasi era molto ridotta probabilmente per la distanza filogenetica tra le specie, anche se le dimensioni degli organi sono simili. Le scimmie sono geneticamente più vicine agli esseri umani e potrebbe portare al successo della sperimentazione. Negli Stati Uniti, il regolamento del National Institutes of Health (NIH) afferma che i fondi federali non possono essere utilizzati per creare embrioni chimera umano-scimmia, ma in Cina non c’è questa limitazione ed è per questo che la ricerca è stata fatta lì e non al Salk Institute.
È recente l’annuncio in materia da parte del governo giapponese, che sostiene la sperimentazione di chimere umano-topo da parte del gruppo di ricerca di Hiromitsu Nakauchi, alla guida dei team dell'Università di Tokyo e della Stanford University in California. A marzo 2019 in Giappone sono state pubblicate le Linee guida aggiornate sulla ricerca che coinvolge embrioni chimera umano-animale. In poche parole, gli enti regolatori giapponesi hanno dato il via libera alla sperimentazione che prevede l’impianto di cellule staminali pluripotenti umane (iPSC) in embrioni di topo e, se viene concesso il permesso per quello specifico esperimento, al successivo impianto in un utero di topo per lo sviluppo. Prima di questo aggiornamento, gli embrioni chimera dovevano essere eliminati entro i 14 giorni dalla fecondazione, mentre ora gli scienziati avranno l’opportunità di studiare se è possibile far crescere organi umani in organismi animali.
Se da un lato questo potrebbe essere rivoluzionario dal punto di vista della produzione di organi modello da studiare in laboratorio per approfondire le conoscenze su molte patologie e della gestione dei trapianti di organo, dall’altro si riapre un dibattito bioetico complesso. Gli esperimenti di Nakauchi sono i primi ad essere approvati da un comitato di esperti in base alle nuove regole in vigore in Giappone. Il professore ha affermato di voler procedere lentamente e, pur avendo intenzione di utilizzare animali surrogati per studiare lo sviluppo in utero delle chimere umano-topo, non ha in programma di far portare a termine la gravidanza. Il passo successivo sarà quello di richiedere l’autorizzazione per fare la sperimentazione con i suini. L'obiettivo finale di Nakauchi è quello di produrre animali con organi costituiti da cellule umane che, alla fine, possano essere trapiantati negli esseri umani.
Come descritto su Nature, alcuni bioeticisti sono preoccupati per la possibilità che le cellule umane possano allontanarsi dal sito dell’organo, nelle quali devono essere confinate, circolare nell’organismo e colonizzare altri siti con possibili gravi effetti collaterali. Nakauchi e altri scienziati hanno preso in considerazione questo aspetto, l’obiettivo è quindi quello di creare un embrione animale privo di un gene necessario per la produzione di un determinato organo e quindi iniettare le iPSC umane per produrre l’organo che altrimenti non potrebbe produrre. Questo perché le iPSC sono cellule che vengono riprogrammate per tornare a uno stadio simile a quello embrionale e possono dare origine a quasi tutti i tipi cellulari. Di conseguenza, man mano che l’organismo – modificato geneticamente per non essere in grado di produrre uno specifico organo – si sviluppa, utilizza le iPSC umane per produrre l’organo che altrimenti non sarebbe in grado di produrre e le cellule umane restano confinate in quel sito. Nel 2017, Nakauchi e i suoi colleghi hanno riportato l'iniezione di iPSC di topo nell'embrione di un ratto che non era in grado di produrre il pancreas. Il ratto aveva prodotto un pancreas fatto interamente di cellule di topo. Nakauchi e il suo gruppo hanno trapiantato quel pancreas in un topo modello di laboratorio per il diabete. L'organo prodotto dal ratto è stato in grado di controllare i livelli di zucchero nel sangue, curando efficacemente il topo.
Ma far crescere le cellule umane in un'altra specie non è facile e le conseguenze non sono da sottovalutare. Il percorso di ricerca in questo ambito è in via di sviluppo e non tutti gli enti regolatori sono d’accordo nell’autorizzare queste sperimentazioni. Potrebbe essere una rivoluzione per i trapianti, ma bisogna analizzare a fondo l’altra faccia della medaglia: gli aspetti etici, tecnici e regolatori.