Chi avrebbe mai potuto pensare che la risposta preventiva più concreta contro un virus sarebbe potuta giungere proprio da un altro virus? Eppure è proprio così perché nel percorso di sviluppo di un vaccino contro il Coronavirus che sta mettendo in ginocchio il mondo intero, l’asso nella manica dei ricercatori potrebbe essere proprio un virus. La strategia si basa sull’utilizzo di un adenovirus per veicolare all’interno dell’organismo un gene in grado di innescare il processo di immunizzazione contro SARS-CoV-2. Una strategia che richiama alla mente quella utilizzata nella terapia genica. Ed è con una punta di orgoglio che annotiamo una partecipazione italiana alla realizzazione di questo vaccino genetico che, come comunicato dallo stesso amministratore delegato di IRBM Science Park, Piero di Lorenzo, inizierà la sperimentazione sull’uomo proprio a fine aprile.
Un gruppo di scienziati cinesi ha creato un globulo rosso “invisibile”, in grado cioè di nascondere le caratteristiche che lo rendono riconoscibile dal sistema immunitario di un organismo con gruppo sanguigno diverso in caso di trasfusione. Lo studio pubblicato a marzo su Science Advances, potrebbe essere un passo avanti verso la creazione del sangue universalmente compatibile, aumentando le possibilità in medicina d’emergenza e riducendo i rischi legati alle carenze di donazioni, problema presentatosi anche durante la pandemia di COVID-19. Inoltre, molte sono le malattie che dipendono dalle donazioni di sangue e, sebbene in alcuni casi le terapie avanzate stiano soppiantando la pratica delle trasfusioni (ad esempio nel caso dell’emofilia e della beta-talassemia), in molti casi restano fondamentali per la sopravvivenza.
Individuare i modelli di studio più adeguati per certe malattie non è affatto facile. Specie se ci si inoltra nel campo delle patologie autoimmuni che provocano nel paziente uno stato infiammatorio cronico esteso anche a più organi. Se, poi, uno dei sistemi toccati è quello gastrointestinale, con i miliardi di batteri “buoni” della flora batteria intestinale, il livello di complicazione sale ancora di più. Le delicate interconnessioni tra gli svariati tessuti danneggiati da certe patologie infiammatorie possono essere studiate solo ricorrendo a modelli come quelli degli organoidi che rendano una visione olistica del quadro.
Le terapie avanzate sembrano resistere all’impatto che lo tsunami COVID-19 sta provocando in tutto il mondo. Almeno per il momento. Il blocco dei voli tra i diversi Paesi, infatti, ha messo a serio rischio il trasporto di materiale cellulare necessario sia per i trapianti di cellule staminali, che spesso provengono da donatori residenti in Paesi esteri, sia per le terapie cellulari CAR-T, che nella stragrande maggioranza dei casi vengono ingegnerizzate negli Stati Uniti. Per ora però le soluzioni intraprese sembrano garantire le cure salvavita, come conferma anche Franco Locatelli - Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e Presidente del Consiglio Superiore di Sanità. Mentre a risentirne un po’ di più sono i trial clinici.
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