Le nuove strategie terapeutiche approvate per la SMA, di cui la terapia genica è l’ultima arrivata, stanno cambiando la storia della malattia (e dei piccoli pazienti)
Contro l’atrofia muscolare spinale (SMA) gli oligonucleotidi antisenso e, più in generale, le terapie su RNA hanno fatto da apripista per il trattamento della malattia donando speranza e restituendo una qualità di vita che sembrava perduta sia agli adulti che ai bambini). La comprensione dei meccanismi genetici alla base della SMA e il progresso delle biotecnologie sono stati due elementi di basilare importanza per lo sviluppo di terapie avanzate per la SMA, e ora alle spalle delle terapie che lavorano a livello dell’RNA si profila la sagoma imponente della terapia genica.
Da nusinersen a risdiplam. Le strategie terapeutiche che hanno come target l’RNA stanno cambiando il panorama terapeutico di una malattia fino a qualche anno fa considerata incurabile
La misura del cambiamento che sta investendo le possibilità di trattamento dell’atrofia muscolare spinale (SMA) si può riassumere nelle parole della dott.ssa Marika Pane, Responsabile del Centro Nemo Pediatrico del Policlinico Gemelli di Roma, la quale afferma di aver in cura bambini affetti da SMA1 (la forma più grave della patologia) che riescono a parlare.
L’ente regolatorio americano concede l’OK al farmaco di Novartis, con indicazione per la SMA (atrofia muscolare spinale) solo al di sotto dei 2 anni
La notizia era nell’aria. Si attendeva solamente l’ufficialità che è arrivata un venerdì di fine maggio. La Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato Zolgensma (onasemnogene abeparvovec-xioi), la prima terapia genica nata per il trattamento di bambini con meno di due anni affetti da atrofia muscolare spinale (SMA) con mutazione nei 2 alleli del gene SMN1. Del farmaco sviluppato da Avexis, e più di recente entrato a far parte della pipeline di Novartis, si parla da molto tempo sia per i buoni risultati emersi durante gli studi clinici in cui è stato testato sia per gli alti costi a cui sarà immesso sul mercato.
Il meccanismo di azione di CRISPR/Cas9 si basa sulla proteina Cas9 - una nucleasi, cioè un enzima in grado di tagliare la sequenza di DNA – che, una volta programmata, taglia la doppia elica nel punto indicato dall’RNA guida. In assenza di un modello da replicare, cioè di un segmento di RNA che funge da stampo per la riparazione precisa del danno, si riteneva che la cellula aggiustasse la molecola di DNA in modo casuale e imprevedibile. Grazie all’intelligenza artificiale è stato dimostrato che la modifica inserita dal “kit di riparazione” della cellula è prevedibile. Le correzioni fatte dai meccanismi di riparazione cellulare non sono casuali, ma dipendono dalla sequenza di DNA che fiancheggia la mutazione target. Le mutazioni generate da Cas9 derivano dall’azione imperfetta delle vie di riparazione del DNA, che vengono attivate in caso di rottura della doppia elica.
La strategia è stata ideata da un team di ricercatori italiani del Tigem di Pozzuoli e testata in studi preclinici.
È impossibile non restare a bocca aperta davanti alle abili acrobazie dei jet della Pattuglia Tricolore ma è inevitabile che per il trasporto di merci siano necessari aerei di grosse dimensioni e dalla stazza mastodontica. La ricerca dell’equilibrio tra agilità e capacità di carico non ha spinto solo l’industria aeronautica sulla via del progresso ma sta guidando il cammino anche dei ricercatori che si occupano di terapia genica. Consci che i vettori virali, fondamentali per lo sviluppo di nuove terapie, debbano da una parte essere in grado di raggiungere con agilità i siti di destinazione, dall’altra essere dotati della capacità di farsi carico delle copie funzionali dei geni difettosi. E le copie - o le informazioni necessarie per assemblare le proteine mancanti - sono voluminose e richiedono spazio.
Potranno essere usati su pazienti affetti da insufficienza renale o negli interventi di bypass coronarico. Senza rischi tossicologici o reazioni di rigetto.
Avete mai pensato al moschettone? In fondo si tratta solo di un anello di metallo dotato di una leva che ne permette l’apertura. Tuttavia, l’elenco dei suoi possibili utilizzi è talmente lungo che rischierebbe di monopolizzare questa pagina. Più o meno quello che accade con i vasi sanguigni. La loro funzione è vitale e le situazioni patologiche che ne rendono necessaria la sostituzione o la riparazione sono plurime – basti pensare alle patologie cardiovascolari e all’arteriosclerosi – ma vi siete mai chiesti come si “ripara” o con cosa si “sostituisce” un’arteria o una vena?
Nelle operazioni di bypass coronarico si usano tratti di vene o arterie dello stesso paziente (a volte presi dalla gamba o più spesso dal torace) per sostituire un vaso danneggiato. Ma se le condizioni cliniche del paziente non permettessero questo tipo di prelievo?
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