“Organoidi contro un virus a diffusione mondiale”. Parafrasando una vecchia canzone della band punk Meganoidi si può facilmente riassumere il confronto tra una nuova tecnica per fare ricerca e un nuovo virus - il SARS-CoV-2 - evidenziando i pregi derivati dall’uso di innovativi modelli cellulari nello studio dei meccanismi che scatenano la malattia provocata dall’ormai noto Coronavirus. Infatti, in questo momento, all’interno di molti laboratori nel mondo gli organoidi sono utilizzati per tentare di spiegare gli effetti dell’infezione COVID-19 sul corpo umano. E magari offrire gli spunti per trovare soluzioni valide.
Un supercomputer può entrare in sala operatoria? Oggi ancora no, ma nel prossimo futuro sarà possibile. La potenza di calcolo a portata di chirurgo potrebbe, ad esempio, permettere la lettura della “geometria” della struttura vascolare del paziente in tempo quasi reale, personalizzando e perfezionando sempre di più ogni aspetto della medicina. È questo ciò che viene studiato da un gruppo di ricerca internazionale della Scuola Internazionale Superiori Studi Avanzati (SISSA, Trieste), grazie al progetto AROMA-CFD finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca e destinatario di un ERC, partendo da un’idea nata circa 15 anni fa negli Stati Uniti.
Piccoli errori nel DNA possono essere responsabili di malattie genetiche più o meno gravi e, fino a qualche anno fa, correggere questi errori sembrava fantascienza. Ora, con l’avvento delle nuove tecniche di editing genetico e terapia genica, la medicina di precisione è protagonista di molte ricerche e le applicazioni cliniche stanno aumentando giorno dopo giorno. In uno studio pubblicato il 29 giugno su Nature Biotechnology, un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) guidato da Luigi Naldini è riuscito a superare un ostacolo all’applicazione dell’editing genetico alle cellule staminali ematopoietiche, bersaglio ideale nel caso di immunodeficienze primitive e altre patologie ereditarie che colpiscono le cellule del sangue.
Negli ultimi anni la stampa 3D si è rivelata qualcosa di più di un passatempo per ‘nerd’, sconfinando nell’ambito della medicina e giungendo a rivoluzionare il settore dei trapianti. Tuttavia, lo studio clinico pubblicato lo scorso 22 giugno sulla rivista Nature Biomedical Engineering, che porta la firma di un gruppo di ricercatori del VIMM (Istituto Veneto di Medicina Molecolare) e dell’Università di Padova, ha fatto compiere un ulteriore balzo evolutivo a questa tecnologia, proiettando l’attenzione non tanto sulle moderne macchine per la stampa quanto sugli inchiostri da esse impiegati.
La sinapsi artificiale bioibrida in grado di interfacciarsi con le cellule neuronali è un traguardo che amplia gli orizzonti di ricerca verso la connessione uomo-macchina e aggiunge un tassello tra gli strumenti a disposizione per la cura delle malattie neurodegenerative. Le future tecnologie derivanti da questo studio potrebbero funzionare rispondendo direttamente ai segnali chimici del cervello. Lo sviluppo di interfacce cervello-computer efficienti, basate su sinapsi artificiali in grado di “imparare” e interagire con i neuroni, aumenta ancora di più le aspettative nei confronti delle possibili applicazioni. Questa ricerca è però ancora agli albori e l’obiettivo era quello di farlo funzionare in vitro, cosa che è andata a buon fine.
Durante questi mesi di pandemia abbiamo imparato che quando un virus entra in contatto con l’organismo umano, questo in tutta risposta genera anticorpi per neutralizzarlo. È una strategia di difesa che viene mantenuta anche quando si tratta di virus resi innocui e svuotati, che sono usati come vettori nella terapia genica. Un limite che un team di ricercatori del centro di ricerche Genethon in Francia e della biotech statunitense Spark Therapeutics ha cercato di risolvere usando un’arma in grado di neutralizzare gli anticorpi diretti contro i virus adeno-associati (AAV), vettori usati in strategie di terapia genica per diverse malattie. Lo studio è stato pubblicato su Nature Medicine lo scorso 1 giugno.
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