Quando il grafico dell’elettroforesi proteica mostra un tracciato anomalo al quale si accompagna il commento “sospetta componente monoclonale” è opportuno pianificare una serie di esami di approfondimento perché incombe il rischio di trovarsi al cospetto di un mieloma multiplo. Questo raro tumore maligno – che sarà protagonista della 15° edizione della Giornata Nazionale per la lotta contro le Leucemie, i Linfomi e il Mieloma che si celebrerà domenica 21 giugno - colpisce il midollo osseo e risulta associato ad elevati tassi di recidiva i cui esiti nella quasi maggioranza dei casi sono infausti. Ecco perché è stato accolto con ottimismo e speranza l’annuncio dei risultati positivi ottenuti in due studi clinici in cui sono state impiegate le terapie CAR-T.
Dalla terapia genica all’editing genomico, avanza lo sviluppo clinico per la beta-talassemia e l’anemia falciforme, come confermano i dati presentati al 25° Congresso annuale della European Hematology Association (EHA), in corso in modalità virtuale in questi giorni. Le novità arrivano soprattutto da Vertex Pharmaceuticals e CRISPR Therapeutics, che hanno presentato gli ultimi aggiornamenti dei trial clinici di Fase I/II in corso per valutare l’efficacia di CTX001 - terapia di editing genomico basata sul sistema Crispr-Cas9 - e da bluebird bio, con la terapia genica già approvata per la beta-talassemia e attualmente in sperimentazione per l’anemia falciforme.
Una malattia neurodegenerativa che tra i sintomi annovera il diabete mellito di tipo I, l’atrofia ottica, il diabete insipido, deficit uditivi e segni neurologici. Questa è la sindrome di Wolfram (WFS), una malattia ultra-rara, di cui sono stati descritti circa 300 casi nel mondo, e attualmente senza cura. Ad oggi, il trattamento è sintomatico e prevede di tenere sotto controllo il diabete con iniezioni di insulina e di gestire al meglio gli altri disturbi correlati. Le terapie avanzate potrebbero essere d’aiuto: un gruppo di ricerca della Washington University School of Medicine (Stati Uniti) ha corretto una variante patogena del gene WFS1 in cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) che, una volta differenziate in cellule pancreatiche, hanno migliorato la secrezione di insulina in risposta ai livelli di glucosio.
Come ogni racconto che si rispetti, anche quello che ha condotto i ricercatori del McLean Hospital del Massachusetts e del General Hospital di Boston a tentare un trapianto di cellule staminali autologhe per il trattamento di un paziente affetto dal morbo di Parkinson comincia per caso, con l’invio di una e-mail e termina - anche se la fine di questa storia è solo l’inizio di un capitolo più ampio - con la corsa di un’ambulanza nel cuore della notte. I dettagli tecnici di questa storia sono contenuti nell’articolo pubblicato lo scorso 14 maggio sulle pagine della rivista più quotata della medicina, The New England Journal of Medicine, ma si tratta solo della punta dell’iceberg.
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