Le cellule neoplastiche sono come delle bande di pericolosi criminali che imperversano per la città provocando danni e costringendo all’impotenza i buoni cittadini. Per fermarle serve una polizia ben addestrata, formata da cellule CAR-T addestrate a riconoscerle e bloccarle. Ma cosa si può fare quando queste pericolose “bande” sfuggono anche al controllo delle squadre speciali? La risposta potrebbe (auspicabilmente) esser contenuta in articolo pubblicato il mese scorso sulla rivista Nature, che ha commentato per noi il dott. Massimiliano Petrini, Responsabile della Cell Factory dell’IRCCS - Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” di Meldola (FC), nonché Direttore dell’Immuno-Gene Therapy Factory (IGTF) che AIFA ha da poco autorizzato per la produzione e somministrazione di terapie avanzate.
L’introduzione sul mercato italiano di una nuova terapia genica, come quella appena approvata per il trattamento dell’emofilia A, è un successo per pazienti, medici e ricercatori e anche per il Servizio Sanitario che in tal modo conferma l’elevata qualità delle cure rivolte ai cittadini. Ma la sola approvazione non basta: occorre che nella pratica clinica di tutti i giorni la terapia possa esser somministrata ai pazienti in maniera sicura e controllata, così da massimizzarne l’efficacia in un contesto di estrema sicurezza. Ciò si realizza solo all’interno di centri clinici di riferimento, come quello per l’emofilia e la trombosi “Angelo Bianchi Bonomi” presso il Policlinico di Milano, dove lavora la prof.ssa Flora Peyvandi, direttore dell’Unità Operativa di Medicina Interna Emostasi e Trombosi.
È recente la pubblicazione dei risultati ottenuti dalla somministrazione oftalmica di beremagene geperpavec (B-VEC; nota anche con il nome commerciale Vyjuvek), la terapia genica in vivo sotto forma di gel topico - prodotta dalla biotech Krystal - per il trattamento delle ferite in pazienti affetti da epidermolisi bollosa distrofica (DEB). B-VEC, terapia già autorizzata negli Stati Uniti lo scorso anno, non era mai stata utilizzata per il trattamento delle lesioni oculari causate dalla malattia. Sono molti, però, i pazienti con DEB che presentano complicazioni oculari: l’opzione di una terapia genica utilizzabile con la stessa semplicità di un collirio potrebbe essere una soluzione di facile gestione per limitare i danni alla superficie dell’occhio e, di conseguenza, la visione. Lo studio, che riguarda un unico paziente, è stato pubblicato a inizio febbraio sul The New England Journal of Medicine (NJEM) e i dati hanno evidenziato un miglioramento dell’acuità visiva post-trattamento.
A pochi mesi dalla storica decisione con cui Fondazione Telethon si è assunta l’onere di mantenere in commercio Strimvelis - la prima terapia genica ex vivo approvata in Europa e sviluppata per il trattamento dell’ADA-SCID - un altro passo significativo sancisce il ruolo dell’Italia nel campo delle terapie avanzate e la volontà di tutelare il loro accesso ai malati rari. Proprio in occasione della XXVI Giornata Mondiale delle Malattie Rare, Fondazione Telethon ha annunciato il proprio impegno nel far sì che possa essere presto disponibile anche la terapia genica per la sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS), una grave malattia genetica del sistema immunitario.
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