Tra gli inconfondibili segni dell’invecchiamento, oltre al calo del tono muscolare e alla riduzione dell’udito, figura il deficit della vista: prima la presbiopia rende difficoltosa la visione da vicino, poi la cataratta offusca la vista, rendendo sfocati i colori e cambiando la sensibilità alla luce, e infine la degenerazione maculare dovuta all’età, una malattia che si manifesta principalmente nelle fasce al di sopra dei 60 anni e colpisce la visione centrale. Tante sono le condizioni patologiche dell’occhio ma quest’ultima - lo dice anche il nome stesso - è quella più direttamente correlata all’avanzamento dell’età. Per fortuna sono in atto - anche in Italia - degli studi clinici che hanno l’obiettivo di valutare innovative terapie, come quelle geniche, che potrebbe rivoluzionare l’iter di trattamento della malattia.
Da alcuni anni ormai il trapianto di insule pancreatiche si è affermato come un metodo per ripristinare la produzione di insulina nei pazienti affetti da diabete di tipo 1 in cui una risposta immunitaria fuori scala si rivolge contro le cellule beta del pancreas, sede di produzione dell’insulina. Il lato oscuro di questa procedura è correlato alla necessità di sottoporre il paziente a una terapia immunosoppressiva e ciò impone di considerare con attenzione il sottile equilibrio tra i vantaggi e gli svantaggi. Un importante studio italiano, pubblicato la settimana scorsa su The Lancet Diabetes & Endocrinology, illustra la ventennale esperienza dell’Unità di Medicina Rigenerativa e dei Trapianti presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, un’analisi dei risultati a lungo termine dei numerosi interventi ha permesso di avere importanti indicazioni per migliorare l’efficacia e la sicurezza della procedura.
Alcune scoperte hanno segnato svolte decisive in medicina: la penicillina nel 1928, la prima insulina umana ricombinante nel 1982 e, più di recente, le tecnologie di editing genomico come Crispr-Cas9, premiate con il Nobel nel 2020. Gli anni Venti di questo secolo sembrano destinati a essere quelli delle CAR-T, terapie basate sull’ingegnerizzazione delle cellule immunitarie. Già efficaci contro alcuni tumori del sangue, stanno guadagnando terreno anche in altre applicazioni, dai tumori solidi alle malattie autoimmuni. Resta però una sfida: la produzione è complessa e costosa. Per superarla, i ricercatori stanno esplorando la possibilità di generare le CAR-T direttamente nel corpo, trasformandolo in una vera e propria “bio-officina”. Una review pubblicata a gennaio su Journal Of Translational Medicine dai ricercatori della biotech Takis, unica azienda italiana impegnata su questo fronte, analizza le strategie attuali e le nuove direzioni della ricerca.
La neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON) è una malattia genetica rara che porta a una rapida e progressiva perdita della vista, principalmente nei giovani adulti. Questa patologia è causata da mutazioni nel DNA mitocondriale, in particolare nel gene MT-ND4. Recentemente, l’azienda GenSight Biologics ha annunciato di aver ottenuto risultati promettenti nello studio clinico di follow-up - i partecipanti sono stati seguiti per cinque anni dopo somministrazione della terapia genica lenadogene nolparvovec (nome commericiale Lumevoq) - offrendo nuove speranze per i pazienti affetti da LHON. I dati sono stati pubblicati sulla rivista JAMA Ophtalmology a dicembre 2024.
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