Ancora un’alleanza tra due società che si occupano di editing genomico. E ancora un successo. Mai come oggi l’adagio “l’unione fa la forza” si è dimostrato veritiero. Specialmente nella lotta alle malattie rare. Solo pochi giorni fa, Editas Medicine ha annunciato che la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha accolto la domanda presentata per il nuovo farmaco sperimentale (IND, Investigational New Drug) EDIT-101, un farmaco in fase di studio che sfrutta la tecnologia CRISPR per il trattamento dell’amaurosi congenita di Leber del tipo 10 (LCA10).
Il tribunale dell’opinione pubblica è stato spietato con He Jiankui, il ricercatore cinese che a fine novembre annunciò di aver creato in laboratorio due gemelline dal patrimonio genetico modificato, e anche la comunità scientifica tutta ha preso ufficialmente le distanze da lui. Ciononostante, con l’eco dell’esperimento dello scandalo ancora forte nelle orecchie della popolazione, un ricercatore dell’Università di Harvard, ha affermato che quell’esperimento deve essere valutato – e compreso – a fondo prima di emettere un giudizio che possa abbattersi su tutti coloro che fanno ricorso a CRISPR-Cas9 nei loro protocolli di ricerca – autorizzati – all’interno dei laboratori non solo della Cina, ma di tutto il mondo.
Vertex e CRISPR Therapeutics, le due aziende che stanno lavorando insieme a questo genere di trattamento,avevano infatti chiesto di poter dare avvio alla sperimentazione clinica iniziale di CTX001, una nuova terapia genica impiegata contro la beta-talassemia e l'anemia falciforme.
Grazie all’avvento dell’editing genomico – e in particolare, a tecniche come CRISPR/Cas9 – la nostra prospettiva di ricerca (e cura) delle malattie che insorgono su base genetica, come l’anemia falciforme, è radicalmente mutata.
La tecnologia CRISPR-Cas9 può essere usata sia per identificare nuovi percorsi terapeutici contro alcune patologie, che per fare luci sui meccanismi molecolari con cui queste si instaurano. È questo il caso descritto sulla rivista Nature Genetics da due ricercatori che si sono prodigati per individuare ricorrendo a CRISPR-Cas9, i geni in grado di proteggere i neuroni dall’inarrestabile deposito di proteine tossiche all’origine della SLA. E comprendendo le cause con cui la SLA si scatena si può puntare a trovare una terapia che arresti la progressione della malattia stessa.
Il primo studio, condotto negli USA, consiste in una sperimentazione clinica in aperto, non randomizzata e controllata, avviata a fine 2017 sembra offrire risultati concreti e sarà affinacato dallo studio internazionale BRAVE (Benefit – Risk Assessment Valuation&Evidence) condotto negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, nel Regno Unito, in Olanda e in Belgio con l’obiettivo di raccogliere dati su come i pazienti e i caregiver valutino i rischi e i benefici di una terapia sperimentale, quali siano i loro benefici prioritari, e quali rischi siano disposti ad accettare per lo sviluppo e l’autorizzazione di una terapia.
Sulla rivista The New England Journal of Medicine sono stati pubblicati i risultati di uno studio su 17 bambini affetti dalla malattia ai quali è stata somministrata Lenti-D, una forma di terapia genica con cui sono state modificate le cellule staminali dei pazienti che, una volta reinfuse, portavano una copia del gene corretto all’interno dell’organismo. L’88% dei bambini malati è riuscito a conservare una funzionalità neurologica stabile a più di due anni dal trattamento.
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