Un riconoscimento prestigioso per il suo lavoro pionieristico nel portare la terapia genica dal laboratorio al trattamento dei pazienti con gravi malattie genetiche rare
I ricercatori italiani continuano a riscuotere grandi successi a livello internazionale. Dopo il conferimento del Premio Internazionale “Innovators in Science” al prof. Michele De Luca è stata da poco diffusa la notizia che per il 2019 la Fondazione Louis-Jeantet ha assegnato al prof. Luigi Naldini, Direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon Insititute for Gene Therapy (SR-Tiget) il Premio Louis-Jeantet 2019.
Una classe di farmaci nuova che, grazie a esempi come eteplirsen e nusinersen, sta riscuotendo molti successi nel trattamento di malattie per cui fino a pochi anni fa non c’era speranza
Una delle prime lezioni che si apprendono sui banchi di biologia è la struttura del DNA. Seguita dal modo in cui l’informazione genetica si traduce nei componenti essenziali della vita e, in ultima analisi, in ciò che siamo. Aver ben chiaro queste due nozioni è fondamentale per capire come funzionino le terapie che hanno come bersaglio l’RNA e, di conseguenza, apprezzarne la genialità.
Un team di ricerca padovano ha fatto ricorso alla bioingegneria per produrre cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) “naive”, simili a quelle presenti nei primi giorni di sviluppo nell’embrione. Apre le porte a nuovi importanti modelli cellulari per lo studio delle malattie rare
Tanto è sfaccettato l’universo della terapia genica e dell’editing genomico quanto è complesso quello delle cellule staminali. Nel libro Curarsi nel futuro, Valentina Fossati e Angela Simone spiegano chiaramente come sia improprio parlare solo di staminali senza specificare di che tipo di cellule si stia parlando.
Correggere il DNA in maniera tale da fornire ai malati il fattore coagulante mancante. È questo l’obiettivo di uno studio clinico condotto negli Stati Uniti e nel Regno Unito
L’annuncio è stato diffuso il 17 dicembre da Sangamo Therapeutics, un’azienda statunitense focalizzata su tecnologie innovative nel campo della terapia genica, dell’editing genomico e della terapia cellulare. Il paziente trattato fa parte di uno studio clinico di fase I/II che ha l’obiettivo di valutare una terapia sperimentale di editing genomico in vivo, ovvero una correzione del DNA effettuata direttamente nell’organismo, su pazienti con emofilia B grave.
Uno studio clinco di Fase I-II valuta la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia di un nuovo farmaco che punta su une metodica precedente a CRISPR ma non per questo meno funzionale
Agli albori dell’editing genomico non c’è, come molti pensano, CRISPR ma c’è un metodo basato sulla combinazione di nucleasi e di proteine che riconoscono in maniera specifica e si legano in determinate zone della doppia elica di DNA. Si tratta delle ZFN o “nucleasi a dita di zinco”.
Dai risultati sempre più importanti nell’ambito delle sperimentazioni cliniche, all’approvazione in Europa di due diverse terapie CAR-T, passando per il Nobel per la Medicina assegnato a James Allison e a Tasuku Honjo
Sebbene il campo dell’immunoterapia non rientri tra le migliori scoperte del 2018 (“breaktrough of the year”) elencate, come da tradizione, da Science e Nature a fine anno, non ci si può esimere dall’affermare che il 2018 sia stato un anno memorabile per l’immunoterapia, ormai riconosciuta come l’ultima frontiera della lotta ai tumori.
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