È stata una lettura estiva, leggera ma appassionante. Perché “Sospettosi”, pubblicato da Einaudi, pur non essendo il saggio di un illustre cattedratico della medicina o della biologia ha qualcosa di molto importante da dire. Il sottotitolo è eloquente. “Noi e i nostri dubbi sulla scienza”. E già questo aiuta a spiegare il punto d’osservazione dell’autrice che non si limita a studiare il problema dall’esterno ma vi si immerge in prima persona per esplorarlo da dentro. “Sospettosi” è, infatti, un reportage che Bencivelli ha scritto dopo aver realizzato diverse interviste a più persone su un vasto gruppo di tematiche, tutte ovviamente collegate all’ambito scientifico. Dai vaccini alle diete estreme, fino alle terapie alternative anche in ambito oncologico. Questioni scottanti che riguardano un po’ tutti noi e che Bencivelli decide di esaminare partendo dal semplice concetto che tutti noi, all’interno della nostra bolla di amicizie e conoscenze siamo in contatto con qualcuno che ha fatto una scelta antiscientifica. Qualcuno che “pur non avendoci fatto cambiare idea ci ha fatto riflettere su una cosa nuova, di cui abbiamo rispettato il punto di vista e con cui siamo rimasti amici”.
Il farmaco più costoso al mondo: così è stata definita, qualche anno fa, la terapia genica alipogene tiparvovec sviluppata da UniQure e approvata per il trattamento del deficit di lipoproteina lipasi (LPLD) con il nome commerciale Glybera. Ora, un gruppo internazionale di biohacker – biologi indipendenti e appassionati, che operano al di fuori dei canali convenzionali – afferma di aver prodotto una versione del farmaco più semplice e meno costosa e vorrebbe fare appello agli scienziati universitari e aziendali per aiutarli a testarla e migliorarla. La differenza, al di là del costo, si trova anche nel meccanismo di funzionamento: non più vettori virali - utilizzati generalmente in terapia genica per veicolare il ‘gene terapeutico’ - troppo costosi, ma dei cosiddetti ‘minicircle’, cioè piccoli plasmidi (molecole di DNA circolare) in cui è stata inserita la sequenza genetica per la produzione dell’enzima mancante.
C’era solo un nome che poteva rubare spazio al novantesimo compleanno della Scuderia Ferrari e alla splendida vittoria del giovane Charles Leclerc nello scorso Gran Premio di Monza. E il nome è Michael Schumacher. L’indimenticato sette volte campione del mondo della Ferrari vittima, nel 2013, di un terribile incidente sugli sci mentre era in vacanza con la famiglia sulle Alpi francesi che da allora versa in gravissime ma - sembra - stabili condizioni di salute. Non si sa nulla più di questo sul suo conto. La famiglia non ha mai, giustamente, lasciato trapelare notizie sul reale stato di salute del campione tedesco e, forse anche per questa ragione, ha suscitato un certo clamore mediatico il rapido diffondersi della voce di un suo trasferimento presso l’Ospedale Georges Pompidou di Parigi - lo stesso in cui il neurologo Guillaume-Benjamin-Amand Duchenne de Boulogne ha descritto la distrofia che porta il suo nome - per essere sottoposto a una misteriosa cura a base di cellule staminali. Notizia riportata in modalità tam-tam su tantissimi quotidiani e testate giornalistiche in questi giorni. Ma cosa c’è di vero in questa vicenda?
Semplice, economica e precisa, certo. Ma soprattutto versatile come nessun’altra tecnica di modificazione genetica concepita finora. La vocazione con cui è nata CRISPR è correggere i difetti genetici come se fossero dei refusi presenti nel DNA. Ma i ricercatori continuano a escogitare applicazioni innovative per le sue forbici molecolari, che sono riprogrammabili, accessoriabili, personalizzabili per ogni genere di esperimenti. L’ultima trovata sono gli idrogel intelligenti, capaci di cambiare forma a comando con un colpo di CRISPR. Questi biomateriali reattivi, presentati il 23 agosto su Science, potrebbero trovare molte applicazioni, in medicina e non solo, perché rispondono in modo tempestivo e specifico agli stimoli presenti nell’ambiente.
a cura di Anna Meldolesi
Website by Digitest.net