Secondo i dati riportati da un articolo del mese di febbraio 2019, solo 367 su 4603 malattie rare registrate sul NIH Genetic and Rare Disease Information Center hanno a disposizione almeno una terapia approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) e quasi il 70% - stando alle caratteristiche della patologia - potrebbe essere trattato con la terapia genica.
“Dopo aver dimostrato il potenziale delle terapie avanzate sui modelli animali si è passati all’uomo e gli ostacoli non sono stati pochi, tanto da mettere quasi in discussione il rapporto rischio-beneficio delle terapie geniche e cellulari”. Sono le parole di Riccardo Palmisano, presidente di Assobiotec, a margine dell’evento AT2 - Advanced talks on advanced therapies, organizzato da Osservatorio Terapie Avanzate lo scorso 20 giugno 2019 nella suggestiva cornice dell’Ara Pacis Augustae di Roma. Un momento particolarmente importante per fare il punto sulle cosiddette terapie avanzate di cui fanno parte terapia genica, editing genomico, immunoterapia e terapia cellulare.
Prosegue a ritmo sostenuto lo studio delle cellule staminali come possibile terapia per il diabete di tipo 1. Lo scorso 17 settembre infatti, durante il meeting annuale dell'Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD), svoltosi a Barcellona in Spagna, sono stati presentati i dati preclinici di una versione di cellule staminali embrionali umane (Human embryonic stem cells o hESC) modificate con la tecnica di editing genomico CRISPR, in modo da non provocare una reazione di rigetto.
È vero che gli innesti cutanei allogenici (cioè con cellule provenienti da un donatore) attualmente disponibili e utilizzati per il trattamento di alcune tipologie di ferite accelerano la guarigione, ma presentano alcune problematiche. Uno studio pubblicato il primo novembre su Tissue Engineering Part A illustra una nuova tecnica basata sulla biostampa 3D per creare pelle formata da cellule vive e completa di vasi sanguigni. Gli scienziati del Rensselaer Polytechnic Institute (New York), che si occupano di bioingegneria, hanno collaborato con la Yale School of Medicine per stampare in tre dimensioni il tessuto e testarlo su modelli animali. I risultati della ricerca sono molto promettenti, anche se la sperimentazione sull’uomo è ancora lontana.
a cura di Anna Meldolesi
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